venerdì 21 gennaio 2011

il segnapagine del 21.I.2011

Il prof bicromatico, Caro prof: «Io so un po' di matematica, neanche poi tanta. Questo fa di me un insegnante. Sì, fa di me un insegnante, cari miei, un insegnante che puo' entrare la mattina in classe, far danzare il gesso sulla lavagna nera, sorridere, far battute e passare loro qualche nozione» (succede anche a me, ogni volta, sempre così, sempre come a lui).
Fabristol, La lista di proscrizione: «Il fatto che abbiano firmato per un ex-terrorista non inficia assolutamente il valore che io do a questi romanzi, al massimo la stima (poca) che ho degli autori come persone».
La versione di Chamberlain, Signori della corte: «Quando crei un sistema in cui tutti sono tuoi complici, servitori, beneficiari, è matematico: fino a quando sarai in grado di garantire a tutti qualcosa, sopravviverai».
Paolo Nori, Basta, basta, basta, per favore: «E a me è venuta in mente una rivista che si chiama L’accalappiacani e che è un settemestrale di letteratura comparata al nulla, l’unico settemestrale di letteratura comparata al nulla al mondo, ho pensato.».
Corriere.it, L’interrogatorio fantasma: «È un “giallo” l'interrogatorio-fantasma della giovane marocchina. Perché quella notte a interrogare Ruby sicuramente non furono i magistrati milanesi». 
Non ne so abbastanza, Dignità: «L'offesa viene da chi sceglie tra venti manze, ne saggia le polpe con dito esperto e seleziona alla fine la sua compagna per la notte, esattamente come il bravo massaio che al mercato scruta l'occhio dei branzini per acquistare il più fresco e sodo? O non viene forse da chi ha scientemente deciso di partecipare a quello squallido mercato, ben sapendo che alla fine comunque ne sarebbe uscita con una busta più o meno gonfia?» (è di ieri, ma penso a chi se lo è perso e mi sento in vena di buone azioni).

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)