domenica 17 aprile 2011

Non serve andare tanto lontano

dì Sempre un po' a disagio

Io me lo sono chiesto che cosa mai spinga un uomo a essere cattivo. E voi? Ci avete pensato? No, perché io, mentre attendo di fare cose ben più frivole o blindate dal dovere, mi chiedo perché mai giovani uomini, con un naso e una bocca come noi, si spingano ad abbracciare l’estremismo islamico e a uccidere un altro uomo. Abbracciare, sentite che parola, sentite come parlo. Abbracciare. Certo, anche chiedersi il perché del male non è certo una domanda originale, però ogni tanto, tra una partita di campionato e l’altra, chiedersi del perché del male ci rende uomini sensibili e di cultura. Allora, dopo la domanda, io mi oppongo alle parole utilizzate in questi giorni per spiegare e definire.

Mi tappo le orecchie perché non voglio sentire che a uccidere un italiano filopalestinese è stato un gruppo di salafiti e che il salafita è colui “che appartiene a un movimento islamico che si caratterizza per una ideologia apocalittica”. Certo, sono i salafiti e tutta questa cosa dei vizi dell’occidente e dell’estremismo e del “Movimento degli antenati”. Per noi, che abbimo tanto da fare, sono spiegazioni buone ed esaustive. Ma per favore, a un bambino, se vi capita, non spiegateglielo così, il male, che poi lui ci crede. Che poi, magari, lui pensa che la cattiveria ha davvero a che fare con i salafiti, con la religione e con i vizi.


Al bambino, se ha voglia di ascoltarci, magari cerchiamo di spiegargli che la cattiveria è frutto di mancanza di cultura e di comprensione della realtà. Magari proviamo a dirgli che il male e la violenza sono il frutto di lenti meccanismi umani, di sentimenti rotti, confusi e avariati e che la religione non è altro che un’adesione, un riparo dall’abbandono e dalla solitudine. Nella povertà, nell’assenza di cultura, nella desolazione della terra che si abita, la reazione alla morte di civili, alla vista di corpi mutilati e a brandelli, la reazione è quella di uccidere altri civili. La reazione, per qualcuno, è abbracciare (sì, ancora questa parola) la religione nella sua parte più affannata e apoetica. Ecco, se magari al bambino gli spieghiamo che la religione è il termine, è la punta di una disperazione che non conosce parole e intelligenza, forse saprà un giorno riconoscere il suo, di dolore e la sua, di cattiveria.

Saprà che non esiste guerra tra religioni e che l’espressione “vizi dell’occidente” nasconde sordo rancore e mancanza di parole per spiegare a se stessi un vuoto. Anche se è piccolo, il bambino, proviamo a dirgli che chiunque su questa terra può diventare assassino, criminale di guerra, soldato che arranca, mano che impugna fucile, testa che non pensa, bocca muta. Chiunque è un potenziale brandello di carne, sangue che cola, occhio che piange. Io, a dirvela tutta, al bambino che sta sotto casa vorrei tanto dirgli che l’amore, se mai esiste l'amore, non sta nella religione, ma nella faticosa comprensione delle cose e degli uomini, nelle parole e nell'istruzione.

Al bambino sotto casa mia, poi, vorrei dirgli che non serve andare tanto lontano per sentire il rumore di questi meccanismi e che basta stare qua in Italia, qua in Lombardia, anzi, qua nel nostro quartiere. Saprei indicargli quelle persone che oggi si nascondono dietro espressioni come “tornino a casa loro” per dimostrargli che la cattiveria e la solitudine sta nascendo anche da noi, piano piano, sempre meno silenziosa e sempre meno disordinata. Anche da noi. Anche da noi.

4 commenti:

  1. Ho finito ora di guardare "In un mondo migliore",il film di Susanne Bier. Che combinazione: è un' interrogazione sul male, un tentativo di comprendere, di darvi un senso. Invece non è possibile: inutile provare ad opporgli ragioni, elucubrare, scovare logiche, per quanto contorte e morbose. Illusorio ritenere di poterlo localizzare ("c'è del marcio in Danimarca", in Israele, in Palestina, in Italia, in America, in Papuasia...)
    Siamo male e bene, hai ragione; lo siamo per legge naturale, così come la natura crea o distrugge. Ma né "i buoni pricipi", né la cultura hanno il potere di domare totalmente la nostra parte istintiva: noi ne siamo potenzialmente perenni ostaggi.
    Ci vorrebbe un mondo perfetto, ci vorrebbe... ma va un po' spiegarlo, ai bimbi, che i sogni non si avverano quasi mai...

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  2. Ma la coincidenza, che quasi mi viene da chederti se per caso non ci siamo spiati a vicenda, è che io, sulla questione del bene e del male, volevo citare e analizzare un brano di "Noi due sconosciuti" di Susanne Bier (che ho visto tre giorni fa). Poi non l'ho fatto per evitare che qualcuno mi tirasse i pomodori.

    L'affetto e le parole, da soli, bastano per evitare di diventare esseri umani cattivi? Io penso di sì, e penso anche che pure la fede, o la dimensione del sacro, aiuti a diventarlo. Penso anche che gli aloni più oscuri e aggressivi possano così essere dominati, pur essendo, questo, un mondo per nulla perfetto.

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  3. Sai, io temo che sia esattamente la dimensione del sacro, la fonte che genera la maggior violenza e la alimenta. Non esiste religione che non contempli il capro espiatorio. La vittima le è necessaria, ed è legge ancestrale, che si è imposta fin dalle origini della comunità umana.

    Perciò io conto soltanto sull' Uomo, sulla ragione e sulla ferma determinazione ad optare per la solidarietà reciproca.
    Ricordo, per simpatia, le riflessioni di Camus che lo spinsero a condurre una battaglia contro la pena di morte: la morte -disse- ci è già imposta dalla nostra stessa natura; cerchiamo almeno che non sia uno Stato, che non siano altri uomini, ad anticiparla.
    Sarebbe così semplice evitare di optare per il male se non dimenticassimo mai l' inevitabilità del termine della nostra vita...

    Beh, queste coincidenze virtuali, aeree corrispondenze, sono piacevoli :-)

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  4. Molto piacevoli ;)

    Poi, e giuro che non ti annoio più, per sacro intendevo tutto ciò che è stabilito e determinato dall'interiorità e non dalle forze o prospettive sociali. La dimensione del sacro, ad esempio, è la poesia, l'arte e, visto che ne abbiamo parlato prima, il cinema.

    Ora la smetto, visto che mi sto sbrodolando parole addosso :)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)