venerdì 8 aprile 2011

tu chi sei?

di lo Scorfano

Il ragazzino disabile di una classe prima mi ferma tutte le volte che mi vede. Mi ferma e mi chiede, tutte le volte: «Tu chi sei?» E io gli rispondo: «Sono il prof. Scorfano» (gli dico il mio nome e cognome, in realtà, non temete). E poi aggiungo: «E tu invece sei Dario, ti conosco». E lui allora: «Tu sei il professore di mio fratello?» «Sì» gli dico io, «sono il professore di tuo fratello.» E lui allora se ne va, con una certa aria soddisfatta.

E questa scena si ripete da tre mesi, sempre uguale, quasi tutte le mattine nei corridoi della scuola. Lui dice le stesse parole, io dico le stesse parole, l’assistente ad personam che lo accompagna nelle sue attività scolastiche (speriamo non taglino anche il suo posto di lavoro) sorride con lo stesso sorriso comprensivo di ogni volta.

E i primi giorni, effettivamente, sorridevo anch’io. Ora non so più se devo sorridere o no. E ogni tanto, ve lo confesso, mi viene quasi il dubbio che abbia ragione il ragazzino Dario. E che dovremmo tutti, almeno qualche volta, fermarci per chiederci l’un l’altro: «Tu chi sei?» E risponderci poi con gentilezza. E infine ripartire con la rinnovata, seppur labile, certezza di saperlo.

6 commenti:

  1. avrei potuto scrivere lo stesso identico post, sai?

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  2. Forse ognuno di noi ha un Dario che lo aspetta in un corridoio...

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  3. Bel post. Se anche non ho un Dario che mi aspetta, lo aspetto io. (Ma in realtà, tra i miei primini, sento che tanti mi aspettano così, anche senza dirmelo).

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  4. I Dario spuntano di sorpresa, da dietro gli angoli...

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)