martedì 31 maggio 2011

il segnapagine del 31.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Francesco Costa, Quelli che alle elezioni perdono sempre: Sui risultati elettorali c’è poco da dire, tanto sono chiari. E quindi approfitto di questo day after per dire qualcosa dei sondaggi, anzi: dei sondaggisti italiani.
Il grande marziano, «And the winner is...»: Il risultato di questo voto, significa prima di ogni altro dato politico, che la gente vuole normalità, la gente vuole fatti, la gente vuole rispetto e la gente vuole l'umiltà e il coraggio del riconoscimento dei propri errori.
Metilparaben, Responsabilità intellettuale: Sostenere che tutti siano uguali, insomma, mi pare un'oziosa forma di autoesonero dal pensiero critico, una comoda via di fuga dalla fatica di osservare, valutare e distinguere, sia pure in condizioni difficili e in mancanza dell'opzione ideale.
Fran Altomare, Le partite a tennis, da giovane: Da adolescente, la mia proverbiale pigrizia conosceva una sola incrinatura: la partita di tennis settimanale. Per un paio d’anni, presso lo stesso campo, contro il medesimo competitore. Anche il risultato era sempre lo stesso.
Tempo reale, Berlustrojka: Partiti e organizzazioni costruite sull’infallibilità del capo che ha sempre ragione, retto da strutture incartapecorite nel “culto della personalità” e nell’adesione cieca e assoluta ai dettati del padrone riprodotti dalla propaganda di partito non sopravvivono ai tentativi di riforma, se sono tentativi seri.

le vittorie, la sconfitta

di lo Scorfano

Pur non vivendo a Milano, io sono molto contento che ieri abbia vinto Giuliano Pisapia. Lo sono perché Pisapia è un uomo di sinistra (di sinistra sul serio) e perché mi pare persona decisa e gentile: e io credo che tutti, anche fuori dei confini di Milano, si abbia molto bisogno di persone che sappiano coniugare queste due caratteristiche, il garbo e la decisione.

(Per dire della gentilezza interiore e dello stile garbato: ieri sera ho visto Pisapia da Gad Lerner. A un certo punto, parlando di non ricordo cosa, ha pronunciato il verbo «scippare»; e ha subito aggiunto: «perdonatemi il termine». Ecco, davanti ai leghisti che dicono «föra d’i ball» e agli altri che dicono di tutto e di peggio - «chi non mi vota è un coglione» -, queste scuse mi sono sembrate commoventi e grintosissime. Mi è piaciuto di nuovo.)

Poi sono contento anche degli altri candidati più o meno di sinistra che hanno vinto negli altri comuni italiani: da Napoli a Novara a Cagliari a Trieste, fino a Desio, Gallarate e Arcore. Forse un po’ meno per Napoli, perché non so quanto riesco a fidarmi delle promesse di De Magistris e non so quanto i napoletani possano farlo. Però sono contento comunque che abbiano vinto loro: e qui arriva il punto, infatti.

Perché la cosa di cui sono molto contento non sono solo le vittorie (che sono tante e che hanno anche ragioni differenti tra loro), ma anche la sconfitta:         

Quelli che ce l'hanno fatta

del Disagiato

Quando passo davanti a Foot Locker mi dico questa cosa:”Qui è un altro mondo”. Ma come è possibile che questi ragazzi che vendono scarpe siano sempre sorridenti e energici? Da dove diavolo pigliano questa lima potentissima per limare gli anni, la vita e l’attrito quotidiano? Perché non so voi, ma a me è stata dato in dotazione un seghettino da quattro soldi, buono solo a ferire mosche.

Questi non sono esseri umani che fanno i commessi, no, questi sono commessi che fanno gli esseri umani, perfetti, ottimisti, energici, vincenti e propositivi. Si trascinano la parte anche dentro i locali del centro città, tra gli aperitivi e le belle ragazze, quando io me ne sto ancora a pensare a come si fa a cercare la tattica azzeccata  per battere non ho ancora capito chi. Perchè i ragazzi di Foot Locker è gente che la pallina l’hanno già messa in buca ancora l’anno scorso, la scorsa primavera, mentre io è tutta una vita che sbaglio mazza e mi avvicino al buco a furia di colpetti difettosi e sbilenchi. Ah quanto vorrei essere un commesso Foot Locker, con la mia camminata sicura, le ragazzine belle e stupidine che il sabato pomeriggio vengono davanti al negozio a fissarmi mentre io gagliardo impugno un paio di scarpe Nike. Vorrei tanto avere i loro denti bianchissimi, tutti i loro capelli e vorrei tanto esserci anch’io quando fumano le loro sigarette fuori dal centro commerciale e le commesse danno loro appuntamenti, indirizzi, lacrime e numeri di telefono.

lunedì 30 maggio 2011

il segnapagine del 30.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Il Post, Un buon giorno: Anche questo sarà un compito difficile ma essenziale per Pisapia: attenuare le divisioni tra curve, guadagnare ulteriori consensi, non far vincere i titolisti di Libero e Giornale. Mostrarsi diverso da quelli che ha sconfitto come ha saputo fare finora.
Un radiologo, La generazione fottuta: E’ arrivata l’ora del cambiamento, si sente il suo odore nell’aria, si sente dappertutto, è un odore forte che cancella tutti gli altri: e per qualcuno è odore di paura. Non c’è scampo: in un modo o nell’altro bisognerà cambiarlo, questo mondo di precari. 
Radio Free Mouth, Grazie Zuckerberg: Vorrei ringraziare pubblicamente Mark Zuckerberg. Non per il suo servizio di social network (di cui anche io sono un affezionato utente) ma per la sua ultima dichiarazione: "Mangio solo animali che posso uccidere con le mie mani". 
Plus1gmt, Chilometri di giudizio: Quindi esistono persone che hanno combattuto contro altri eserciti, hanno rischiato di morire, magari hanno ucciso, ed è possibile conoscerle.
Trabucco, Preferenze: Alle elezioni, escluso il ruolo del candidato, gli altri li ho coperti un po’ tutti: scrutatore, segretario di seggio, galoppino. Mi ricordo che si cominciava sempre in un clima austero, e si finiva stanchi come mondine, e allarmati all’idea che la conta dei voti non tornasse.
Zar, A volte i computer non ce la fanno: Spesso si pensa che i computer abbiano risolto tutti i nostri problemi di calcolo. Se i numeri sono troppo grandi, ci pensa lui (o la calcolatrice). Non è proprio così.

Ad alta voce in punta di piedi

del Disagiato

I commessi del centro commerciale si salutano e si parlano solo da distante, da una vetrina all’altra o da un corridoio all’altro. Qualche giorno fa una commessa mi ha urlato dal suo negozio: “Guarda che se adesso mi dici che il mio libro non è ancora arrivato vieni tu stanotte a farmi compagnia a letto” e poi ha buttato nel corridoio una risata isterica e io sono diventato rosso in volto e ho sorriso ma volevo scappare perché non sapevo cosa rispondere a quella commessa così simpatica. Mi sa che è innamorata di me, anche se sempre da distante. Da distante mi saluta, da distante mi sorride e da distante mi ha chiesto il mio numero di telefono. I commessi si innamorano così, da distante, per approssimazione. E così fanno tra di loro, le commesse. Fanno tutto da distante, compreso chiedersi come va la vita e quanto pagano per l’assicurazione della macchina. Si raccontano anche le malattie, le morti e gli addii, da distante. Si dicono alzando la voce “È finità”, “Cosa è finita”, “Con Marco” e poi il silenzio e poi ricominciano a dirsi cose da un negozio all’altro, da distante, appoggiate al muro, in punta di piedi.

fare italiano

di lo Scorfano

Alla fine dell’orario di lavoro scolastico, alle 13, mi chiudo dentro un’aula vuota e, cercando di resistere al caldo e ai morsi della fame, aspetto Carlo, un mio studente di quinta. Carlo è uno dei migliori studenti che io abbia mai avuto: in diciassette anni di lavoro credo di aver conosciuto solo un altro studente bravo come lui; ma Carlo ha 10 in tutte le materie, anche in matematica e fisica, quell’altro studente era bravissimo soprattutto con me. Quando, dopo pochi minuti, Carlo arriva, stanco anche lui come me della mattinata di lezioni,  tira fuori il materiale informativo necessario e cominciamo a guardarlo insieme.

Si tratta di un paio di opuscoli che spiegano come si svolgerà l’esame di ammissione alla Scuola Normale di Pisa per la facoltà di Lettere e Filosofia. Ci sono esempi di prove scritte, programmi per l’orale, letture consigliate, saggi critici considerati imprescindibili: io leggo, gli dico quello che ne penso, provo a dargli qualche consiglio su cosa e come leggere, gli dico che, se davvero deciderà di provare, lo aspetta un’estate di studio e fatica; che quando sarà finito l’esame di Stato sarà come se per lui fossero finite le vacanze. E comincerà lo studio vero. Carlo mi sorride: vuole a tutti i costi provarci, vuole scommettere su questa possibilità, ma è anche visibilmente preoccupato.

«Perché sei così preoccupato?» gli chiedo io. «Perché immagino che ci sarà gente molto più brava di me» mi dice lui.          

domenica 29 maggio 2011

il segnapagine del 29.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Non ne so abbastanza, Zero: Ciò di cui Letizia Moratti e i suoi suggeritori non si sono accorti è che a un tratto i cittadini si sono identificati con l'avversario: hanno capito che in una società nella quale l'unica regola è che chi ha vinto può far quello che vuole non c'è più garanzia per nessuno.
Galassia malinconica, Fatti non foste...: Nei rapporti sentimentali, od amicali, o comunque dialettici con una donna, gli uomini bofonchiano più abilmente di quanto parlino e -ancor meglio-, se glielo si permette, tacciono.
Il Post, La scuola finlandese è la migliore del mondo?: Un professore dell’Università di Helsinki che si occupa della formazione degli insegnanti ha detto al quotidiano che lo scorso anno era più difficile accedere ai corsi per diventare insegnanti delle elementari che entrare a un corso di medicina. Il prestigio sociale della professione è molto alto, e l’insegnamento attrae alcuni degli studenti più brillanti.

metafisica del mio terrazzo

di lo Scorfano


Non per vantarmi, ma la vista che c’è dal mio terrazzo è proprio bella (giudicate voi, insomma: questa è la foto). 

Non per vantarmi, ma tutti quelli che vengono qui a trovarmi, me lo dicono: «Che bella vista che c’è da qui, che vista meravigliosa!» E io rispondo: «Eh sì, è bella. Vuoi qualcosa da bere?» Ma è solo finta indifferenza, non crediate: che in realtà sono tutto contento che me lo dicano e gòngolo e se per caso qualcuno non mi dice niente, ci rimango molto male. Non per vantarmi, quindi, ma è una figata questo mio terrazzo a strapiombo sul lago.

Infatti, ve lo racconto, quando stavo cercando casa, quattro anni fa, e il mio amico agente immobiliare, dopo avermi fatto vedere tante altre case, mi disse che c’era anche questa, la quale costava tot ed era grande tot, io gli dissi: «Non la voglio nemmeno vedere, dai…» Perché il tot che costava era molto di più di tutte le altre; e il tot che misurava era invece nettamente di meno di tutte le altre. Ma lui insisteva: «Vieni prima a vedere dov’è».     

Odiare in più modi

del Disagiato

In questi giorni per ovvi motivi si è accostato il genocidio di Srebrenica al campo di concentramento di Auschwitz. Ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento nazisti i morti furono molti di più ma il paragone o il semplice accostamento servono appunto a ribadire che l’uomo ha commesso un’altra volta una nefandezza, anche se di dimensioni minori. Adriano Sofri, ad esempio, dice presentando un filmato agghiacciante che precede l’orrore diretto da Mladic : “Quante cose abbiamo capito di Auschwitz da questo filmato”.

Cosa abbiamo capito? Quello che io ho capito è che le due occasioni che hanno portato allo sterminio e al genocidio sono assai diverse. Quello che è successo a Srebrenica è un episodio dettato da un folle e per giunta un episodio che poteva benissimo essere evitato. I caschi blu, gli olandesi, erano lì per evitare e proteggere, sapevano quello che la storia nei Balcani stava combinando ma voglio pensare che nessuno di loro immaginasse l’aberrazione che ne sarebbe scaturita. L’odio dei serbi aveva una sua storia, certo, ma mancava la burocrazia e l’organizzazione culturale che caratterizzarono gli anni tedeschi venti, trenta e quaranta del secolo scorso.

sabato 28 maggio 2011

il segnapagine del 28.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Guia Soncini, Che poi a lui neanche rovinano i tacchi: Giuro che la prima cosa che gli ho sentito dire è stata che si occuperà «anche delle buche, soprattutto delle buche, perché la quotidianità dei cittadini è fatta di queste cose.»
Piovono rane, Gatti e topi: La prova che c’è vita su Marte si chiama Daniela Melchiorre, neo ma anche ex sottosegretario allo Sviluppo economico. “Neo” perché nominata solo due settimane fa, “ex” perché dimissionaria «irrevocabile» da venerdì sera.
Quadernino, L'auspicabile tramonto del tele-leaderismo: E chissà se all’uscita di scena di Berlusconi, di cui si torna a parlare in questi giorni, con timore o con speranza, si accompagnerà anche il superamento di questo modello di leadership e di comunicazione politica.
Keplero, Risolto il problema della massa mancante?: E insomma, su tutti i mezzi d'informazione mondiali appare la notizia che una studentessa avrebbe risolto, in tre mesi, il problema della massa mancante. Ma è davvero così? Ovviamente no.

Gli uomini che cambiano

del Disagiato

E poi arriva il momento in cui qualcuno dice “Da quando si è fidanzato non è più lo stesso” e gli altri che stanno ad ascoltarlo muovono la testa come a dire “sì, è vero, da quando si è fidanzato non è più lo stesso” e poi la serata continua tra tiri di sigaretta, altre argomentazioni e sguardi stanchi alle ragazze che passano vicino ai tavolini del bar o sotto un davanzale di provincia. Fa nulla se non viene Riccardo, noi in Marocco ci andiamo lo stesso, abbiamo pensato, e allora giù a buttare sul tavolo tragitti, orari, spese, soluzioni, proposte e così ecco che tutto coincide e si sovrappone come avremmo voluto e allora partiamo con l’aereo più economico per il Marocco pensando “Riccardo da quando si è fidanzato non è più lo stesso” e questa cosa ce la diciamo in fase di decollo, durante il tragitto e in fase di atterraggio. Non è più lo stesso Riccardo, da quando si è fidanzato. “No, non vengo”, ci ha risposto qualche settima prima, e si vedeva che il suo silenzio se strizzato avrebbe restituito un “Non voglio lasciarla sola”, “Preferisco stare con lei”, “Come posso divertirmi senza di lei?”. 

tecnoquasi

di lo Scorfano

Non mi sorprende molto il dato secondo il quale l’uso delle nuove tecnologie e di materiali didattici digitali è, per quasi il 75% degli insegnanti italiani, una consuetudine e non soltanto un evento sporadico. Non mi sorprende che la percentuale sia così significativamente alta e che sia ben più alta di quella relativa ad altre categorie di lavoratori, come gli impiegati, gli imprenditori e i dirigenti di vario genere. È un dato che può sorprendere solo chi non vive a scuola e non sa che ormai quasi tutto è informatizzato (o sta per esserlo) e che è normale, per esempio, che qualunque tipo di lezione o di verifica sia preparata con l’ausilio di strumenti informatici.

Bisognerebbe però aggiungere che questi strumenti informatici sono per lo più strumenti domestici e non scolastici. Che gli insegnanti, cioè, usano le nuove tecnologie, sì, ma le usano da casa propria, servendosi di strumenti che essi stessi, ovviamente, hanno acquistato. A loro spese, naturalmente. Avete mai provato a stampare una verifica in una sala insegnanti, per esempio? Ecco, nella mia scuola non si può. E, sempre nella mia scuola (1400 studenti nel ricco e profondo Nord, cinque differenti indirizzi di studi superiori, due edifici, due palestre), non si può in alcun modo stampare materiale didattico, né con la stampante della sala insegnanti né fotocopiandolo nella cosiddetta “sala stampa”.     

venerdì 27 maggio 2011

il segnapagine del 27.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Francesco Costa, La campagna elettorale di Pisapia: Questa di Pisapia è stata una campagna che ha funzionato come doveva funzionare, è stata la campagna giusta per questo candidato in questa elezione in questo momento. Vedremo se otterrà anche dei bei risultati. Intanto possiamo dire che ha avuto tre meriti grossi.
Un tal Lucas, Esistono gli schiavi: Esistono gli schiavi e non ha senso / perché lo schiavo oggi viaggia in libertà / tra le righe di un social network / dove dice dice ciò che pensa / ma non pensa ciò che dice
Claudio Giunta, Quelli che però è lo stesso: In un paese meno distratto nel nostro, Quelli che però è lo stesso di Silvia Dai Pra’, diario di una giovane insegnante in una scuola professionale della periferia romana, avrebbe una risonanza non molto diversa da quella che ha avuto Gomorra.
Metilparaben, Chi è Gianni Lettieri: È nato e vissuto al Ponte di Casanova a Napoli. Ha frequentato con scarso profitto l'istituto tecnico commerciale, poi recupera 3 anni in 1 e si diploma a 18 anni.
BresciaOggi, Immigrati: il ministro Maroni sospende la circolare pro-permessi: con una circolare di ieri (26 maggio) il Ministero degli Interni ha bloccato le disposizioni contenute in una precedente circolare, emanata appena due giorni prima, dallo stesso ministero.
Daimon, La città che non vorrei: A me pare che al netto di tutte le polemiche di questi giorni, tirandosi fuori da tutto, ci sia una riflessione che deve prevalere su tutte, ed è una riflessione sul destino e la vocazione di una grande città europea che desidera essere moderna e vivibile, in cui le persone desiderino vivere.

un po' di boccaccio

di lo Scorfano

Alla fine dell’interrogazione mi rendo conto che Marianna mi ha risposto molto bene su Boccaccio e assai peggio sugli altri autori. La differenza è netta e gliene chiedo ragione. Lei mi dice che Boccaccio le è piaciuto molto di più; io le chiedo perché. Lei esita. Poi con gli occhi che un po’ le si illuminano e il viso che arrossisce, mi dice: «Be’, insomma, mi piace che nelle novelle di Boccaccio ci sono tanti ragazzi che fanno l’amore, in tantissime novelle. Mi piace questa cosa, mi sembra così naturale. Perché sì, è vero, Beatrice e Laura sono una meraviglia, però, insomma, non ci sono mai, ecco, sono così lontane, irraggiungibili… Invece qui ci sono i ragazzi che fanno l’amore, questo mi piace». E mentre finisce di dirlo Marianna è tutta rossa per la vergogna. E io vorrei dirle che sì, è vero, è bello fare l’amore. Ma mi vergogno un po’ anch’io, e non dico niente. E, tra l’altro, mi sa che anch’io sono un po’ rosso in faccia e che a vederci da fuori faremmo proprio ridere. Ma più io che lei, naturalmente.

La nausea e il re

del Disagiato

Prima di partire per Marrakech insieme a due miei amici ero molto stanco di lavorare in libreria. Ero molto stanco di eseguire gli ordini e di soddisfare le pretese più o meno assurde dei clienti. Ero anche stanco di scrivere post per questo blog, di quella stanchezza dettata dalla nausea di dire sempre e ostinatamente le stesse cose. Ma soprattutto ero molto stanco di fare quei gesti che stanno nel mezzo di questi due atti quotidiani che vi ho appena detto: ero stanco di leggere cose giuste e intelligenti. Stanco delle lamentele dei froci, dei negri e dei disoccupati, nauseato dagli avversari di Berlusconi, da quelli che frequentano i centri sociali e da quelli che non sono froci, negri e disoccupati ma che però allineano parole per difendere froci, negri e disoccupati. Vaffanculo a tutti quanti.

Tornavo a casa dal lavoro, mi bevevo un bicchiere di acqua e una volta accesso il computer o la televisione mi veniva quasi il vomito a sentir parlare di mignotte e di Arcore e così tanto vomito da voler spegnere il computer o il televisore. Se guardo il comodino, mi accorgo che tra le letture di queste settimane ci stanno parecchi fumetti. Fumetti d’autore, è vero, ma erano anni che non leggevo fumetti, che non davo la precedenza al disegno invece che alle parola. Perché ero stanco di Calvino, di Pasolini e di Sciascia, ed ero stanco della letteratura impegnata, qualsiasi cosa voglia dire questa espressione.

giovedì 26 maggio 2011

il segnapagine del 26.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

La bionda, Ah, i genitori 2: "Gent. professoressa, gradirei sapere con chi dormirà in camera mia figlia. Credo di doverlo sapere e spero che non sia con gli stranieri. Distinti saluti" 
Il comizietto, Sono estremista e rivoluzionario: Molti sono pronti a registrare un sopruso o una scorrettezza, pochi, pochissimi sono pronti a reagire e fra i pochissimi che reagiscono, molti non sanno come fare e usano la polemica e il turpiloquio.
Digito ergo sum, C'è poco da offendersi: Io credo che Eto’o invece dovrebbe sorridere di questo coro e pensare a tutti i suoi (e miei) fratelli africani che, pur di sfuggire ad un destino inesorabile, vendono le rose nella metropolitana, ma con la schiena dritta e la dignità di uomini intonsa.
Freddy Nietzsche, Meno tre: Letizia Moratti mi ha scritto, sulla la sua carta intestata in stile Pineider, per dirmi tante cose. Dice che ha fatto un sacco di cose per Milano, e anche se alcune non sono andate bene, vorrebbe andare avanti, sempre nel nome della famiglia e della sicurezza.
Postille blu, Sapendo e non sapendo...: Insegnare è essere con tutto se stessi davanti a studenti che chiedono innanzitutto "perché" val la pena studiare quel che fanno. E questo si legge sul volto prima ancora che dirlo a parole.

l'aria irrespirabile

di lo Scorfano

Non essendo milanese né residente a Milano, non ho molto da aggiungere a quanto già si legge in rete sul ballottaggio di domenica prossima per l’elezione del sindaco. Da quale parte io stia, per quanto virtualmente, mi pare perfino superfluo specificarlo.

L’unica impressione che ho (e che però ho viva e fortissima) è che dopo lo schifo di campagna elettorale che il Pdl e la Lega e il sindaco uscente hanno condotto in questi ultimi giorni, in seguito alla sconfitta del primo turno, giocandosi le loro carte elettorali a colpi di zingaropoli, invasioni islamiche, moschee, abolizione dell’ecopass, sanatoria delle multe, e poi razzismo, xenofobia, propaganda di infimo livello che mira soltanto ad attizzare le paure e i sentimenti meno nobili dell’eventuale loro elettorato; dopo questo schifo di campagna elettorale che hanno portato avanti con lucida determinazione, mi pare quasi (quasi) poco significativo chi farà il sindaco tra Letizia Moratti o Giuliano Pisapia.

L’elemento decisamente più significativo, a questo punto, sarà vedere se davvero tanti milanesi, tra coloro che al primo turno si sono astenuti, andranno o meno a votare mossi da questo schifo di propaganda, desiderosi solo di bloccare le moschee e cacciare a calci in culo i rom e vedersi sanare le multe: perché se lo faranno in massa, tanto da ribaltare il verdetto del primo turno, il problema per i miei amici milanesi (per come la vedo io) non sarà tanto avere come sindaco la Moratti, quanto avere come concittadini gente di questa spregevole fatta. E l’aria milanese, abolizione o meno dell’ecopass, sarà per loro comunque irrespirabile.

io non farò mai l'insegnante

di lo Scorfano

Qualche giorno fa, in prima liceo, ho dato per il tema in classe una traccia che chiedeva ai ragazzi se avessero mai pensato di fare l’insegnante, e quali fossero i motivi per cui ci pensavano o non ci pensavano affatto. Lo hanno svolto in parecchi e ne è uscito un ritratto abbastanza interessante delle mattine di scuola e di come i ragazzi vedono gli adulti che lavorano davanti a loro, e per loro, e con loro. Ma non solo, secondo me.

È venuto fuori anche qualcosa d’altro, che mi ha piuttosto divertito. Allora ho deciso di trarne fuori qualche stralcio e di riportarli qui, cambiando ovviamente tutti i nomi e tutti i connotati, per ovvia e doverosa discrezione: e quindi vi lascio questo florilegio di adolescenziali punti di vista sul lavoro dell’insegnamento, interessante per alcune considerazioni e anche per la passione che i ragazzi nutrono per le “d” eufoniche, come noterete. Eccolo.      

mercoledì 25 maggio 2011

il segnapagine del 25.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Jonkind, Esco a comprare le sigarette. Anzi una casa: Sarà capitato anche a voi, ogni volta che leggete le rilevazioni ISTAT sull’inflazione, di non riuscire a raccapezzarvi sul perché, a fronte di un gestibilissimo +2/3% annuo di aumento dei prezzi, le vostre spese domestiche sembrino correre ben più veloci dello stipendio
Civati, Alla fine voterà Pisapia pure lei: Ha cambiato idea su tutto. L’Ecopass, il suo fiore all’occhiello, di cui al primo turno celebrava ancora le magnifiche sorti e progressive, e ora dice di volerlo abolire.
Non ne so abbastanza, Meno quattro: Considerato che i sondaggi che girano in giro unanimamente dicono che a Milano vincerà Pisapia e a Napoli vincerà De Magistris...
Falso idillio, Amisci miei: Il trenino, paradigma del divertimento democratico, è perfetto sotto il decimo anno d'età, oppure per i villaggi vacanze o per le crociere economiche. È agghiacciante in qualsiasi altro contesto.
Pop serietà, Ti quoto con il sangue: È la cultura del ‘secondo me’, del ‘questa è la mia opinione e va espressa a ogni costo’, la cultura dell’opinabile e dell’ascientifico.

il cuore di giovanni

Il cuore

                    però ci furono quelli
che ebbero per casa soltanto il cuore
sospeso tra abissi e buio - di una vita
tutta nell'invisibile - il cuore
che lentamente si crepava e null'altro.

Nella notte è morto Giovanni Giudici, uno dei più grandi poeti del secondo Novecento, autore di liriche splendide, tra cui il breve testo che avete appena letto. Aveva 86 anni, era nato a La Spezia ed è stato una delle figure intellettuali di più grande rilievo della sua generazione. Schiacciata tra le pagine di una sua indimenticabile raccolta di versi, io conservo da vent’anni una delle più belle lettere d’amore che abbia mai ricevuto: me la scrisse un mio amico, dopo un litigio, sul retro di una ricevuta di un grande albergo, regalandomi quel libro. Anche di questo debbo essere grato a Giovanni Giudici. Rip.

capre e cavoli

di lo Scorfano
Se avete un figlio, o un fratello, o anche solo un amico che frequenta la seconda superiore e ha la ventura di avere qualche problema a scuola (qualche insufficienza, per intenderci), cominciate a preoccuparvi. Non tanto per la bocciatura in sé (per quella si deve preoccupare chiunque, anche in altre classi; anzi, per quella è anche piuttosto tardi, ormai, per preoccuparsi). Cominciate a preoccuparvi perché se quello studente che conoscete sarà malauguratamente bocciato, i guai per lui saranno solo appena iniziati.

Perché non gli basterà rassegnarsi a ripetere l’anno, come è sempre stato. Infatti, mentre il ragazzo (o la ragazza) si barcamenava a scuola e non riuciva a raggiungere risultati sufficienti, è intervenuta la riforma dei cicli e degli indirizzi di studio (la «riforma Gelmini», l’hanno chiamata così), entrata in vigore a partire dal settembre 2010: e quindi la classe seconda dell’indirizzo di studi che il ragazzo ha frequentato quest’anno semplicemente non esiste più, in nessuna scuola. O magari esiste (è il caso del liceo scientifico tradizionale) ma con materie piuttosto diverse.

Il caso degli istituti tecnici è il più clamoroso:         

ci sono i giorni

di lo Scorfano

Benché, naturalmente, ci siano giorni molto diversi da quelli sempre qui raccontati. Giorni in cui le parole di uno studente, tre minuti nell’intervallo, cosa volete che siano, anche se ci sono state, non bastano più, non le ascolti nemmeno; e nemmeno fai caso alla mano di un padre che stringe la tua dicendoti «Grazie», non te la ricordi, non te ne frega niente; giorni in cui le interrogazioni sono state solo una sofferenza, gli incroci con i colleghi soltanto un’alzata di spalle e un saluto senza sorridersi; giorni in cui la fatica ha contato molto più di qualsiasi altra cosa, in cui non c’è stato un sorriso che tu ti possa ricordare, nemmeno uno sguardo; oppure, se ci sono stati, non puoi ricordarteli.

Sono i giorni in cui torni a casa e pensi che questo mestiere è una merda, uno schifo, che non riesci a pensare ad altro che a questo, vaffanculo, che tu non eri adatto a questo mestiere, tu che ami il silenzio e la solitudine. Perché non c’è nessuno che valga la pena della fatica che tu fai, sempre; questo pensi. E nessuno si merita, nessuno, il tuo sforzo di non essere né noioso né banale né cretino, né troppo duro né troppo lassista, su questo filo di una lama che taglia, te e loro, e ti fa più male quando taglia loro, e pensi che no, non è giusto, che tu vuoi prima di tutto pensare a te stesso, che si fottano tutti gli altri, adolescenti e padri di adolescenti, che si fottano, che ti lascino in pace, che cosa vogliono da te, che cosa pretendono, che tu non sei mica capace.   

martedì 24 maggio 2011

il segnapagine del 24.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Nonunacosaseria, Stato asociale: Non mi interessa se andrò in pensione a 70 anni anziché a 60, ma voglio uno stato sociale vero. Voglio un sistema che mi dia non dico una tutela, ma una prospettiva, se perdo il lavoro o se mi infortuno seriamente e resto invalido o se ho un figlio down...
Notiziole di .mau., Fuffa autoreferenziale: C'è un tempo per la serietà e un tempo per le battute: domenica e lunedì si vota, ieri e oggi no. 
Suzukimaruti, L'isolato che non c'è: Ha senso chiedersi cosa significa, cazzeggio a parte, questo episodio. Significa una cosa banale: nello staff della Moratti non conoscono Milano. O forse la conoscono male, così come posso conoscerla io che sono da 2 anni un torinese in trasferta.
Leonardo, Chi verifica le verifiche?: Non c'è nulla di meno ideologico della resistenza alle prove invalsi. Gli insegnanti non vogliono essere precettati per svolgere un censimento sulle conoscenze dei loro alunni che avrà ripercussioni sul loro reddito e sulla reputazione dell'istituto dove lavorano, e l'ideologia in tutto questo c'entra poco o nulla.
La vita è sogno, I bassifondi di qualcun altro: Eppure, un goblin delle graduatorie ce l'avete proprio davanti: sono io. Io ho un dottorato, alla fine dell'anno avrò anche un master, e sarò comunque, anche allora, nei bassifondi delle graduatorie.

Fabio Fazio e l'ossessione di Bill Gates

di lo Scorfano

Il mio concittadino Fabio Fazio è ossessionato da Bill Gates.

Tutto è cominciato durante una puntata di «Che tempo che fa» di circa tre anni addietro, quando alla domanda faziesca: «Abbiamo più bisogno di filosofi o di ingegneri, nel mondo di oggi?», il fondatore di Microsoft, graditissimo e osannatissimo ospite, rispose con un’alzata di spalle, come se qualcuno gli stesse facendo la più ovvia delle domande possibili, quasi stupito che un intervistatore pagato milioni di euro potesse giungere fino all’infimo abisso del porre impunemente quella domanda; e rispose, Bill Gates: «C’è molto più bisogno di ingegneri, ovviamente».

La delusione sul volto di Fazio fu visibile e attonita; mi ricordo ancora, nonostante gli anni passati, che la riconobbi subito e la feci notare a colei che guardava (e tuttora guarda, quando capita) quel programma tv insieme a me. Le dissi: «Fazio ci è rimasto di merda». Era vero.       

l'inutilissimo

di lo Scorfano 

Protestano, i miei ragazzi di quinta. Protestano perché gli ho detto che metterò nel programma tutta la Germania  di Tacito (che abbiamo effettivamente letto e commentato in classe, per tutto l’anno) e loro dicono che è troppo, che non possono studiare anche tutta quella roba lì, che poi all’orale non ci sarò io ma la mia collega che chissà cosa chiede, che non posso farlo, che per favore è meglio se non lo faccio. Protestano con l’aria distrutta, i miei bravi ragazzi di quinta. E mentre loro protestano e io li ascolto, io che la Germania l’ho davvero letta tutta in classe con loro, quest’anno, sapete io che cosa penso? Penso che, tutto sommato, hanno ragione loro.

Perché li conosco bene questi ragazzi: li ho ascoltati e valutati per tre anni. In questi tre anni li ho interrogati circa venticinque volte ciascuno; e ho dato loro almeno trenta verifiche scritte, che loro hanno svolto e su cui sono stati valutati, uno per uno, per trenta volte. E adesso arriveranno all’esame di Stato: faranno due prove scritte ministeriali (una di italiano, l’altra di matematica), più la terza prova che coinvolgerà quattro materie del loro curriculum e che consiste in quattro domande aperte sul programma del triennio, a cui devono rispondere in circa 20-25 righe; le discipline coinvolte in questa terza prova saranno senz’altro l’inglese, una fra storia e filosofia, un’altra fra scienze e fisica, un’altra fra storia dell’arte e latino (appunto).         

lunedì 23 maggio 2011

il segnapagine del 23.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Repubblica.it, La burla della moschea in via Puppa: Un utente che si nasconde dietro il nick Lucah chiede al sindaco cosa farà del centro islamico nella via del quartiere di Sucate. Il sindaco risponde, ma la strada e il rione non esistono a Milano.
Francesco Costa, Lo schifo: Il centrodestra ha di fatto scommesso sullo schifo: sul fatto che la maggioranza dei milanesi abbia idee disgustose.  
MenteCritica, Todos indignados: Gli abusivi di Napoli si lamentano dello stato patrigno che gli abbatte le case (abusive) invece di dargli un alloggio e il cronista di “Ballarò” modula il servizio in modo da farli apparire più vittime che colpevoli, raccomandandoli alla simpatia della platea televisiva.
Cloridrato di Sviluppina, Gente che fa la gente: Perché certe donne fanno le donne? Quando le incrocio per strada, con la faccia tutta pitturata e piene di pendagli come alberi di Natale, mi viene da piangere. Perché ridursi così?
Digito ergo sum, Distogliere lo sguardo: Così risulta strano perfino a me convivere con questa sensazione di fastidio acuto che mi porta a cambiare canale per non sentire dettagli, della storia del padre di Teramo che si è dimenticato la figlia in macchina e che l’ha trovata morente al termine di una staziante agonia.

le accucciate

di lo Scorfano

C’è una brezza che soffia leggera tra i capelli delle signore più belle (e profumate, questo si sa) della PdL; una brezza leggera che prima ha investito Mara Carfagna, poi Stefania Prestigiacomo e adesso Michaela Biancofiore, aggueritissima quarantenne altoatesina che ieri, sul Corriere, si è lasciata andare, con voce affranta e disperata, a parole di fuoco contro la classe dirigente del partito suo e di Berlusconi e in particolare contro il mitico Gasparri:
Quell'incapace di Maurizio Gasparri. Quell'uomo sta facendo il bello e il cattivo tempo, da noi, senza capire un tubo del territorio. Sue le candidature perdenti, le soluzioni pasticciate e consociative, la distruzione di fatto del partito. Una strategia perdente su tutta la linea, parlano i risultati elettorali: siamo al 3 per cento.
Dialogare con chi? Con Gasparri? Lei ha presente l'uomo? Ora, non gli dò del fascista proprio perché il termine mi pare desueto. Ma insomma, è un autoritario. Un arrogante. Un violento. Uno che se sei donna tende soltanto a denigrarti.
Parole che diventano ancora più taglienti,          

la soddisfazione del ripetente

di lo Scorfano

Roberto è stato bocciato l’anno scorso, in quarta liceo scientifico, e quindi adesso, che è maggio, ha quasi finito di ripetere l’anno: mi ha detto che sarà promosso, ma avrà di nuovo un paio di insufficienze in pagella e quindi, forse, un paio di debiti a settembre. Incontro sempre Roberto, praticamente tutti i giorni, perché la classe in cui è stato iscritto si trova vicina alla terza in cui lavoro io quest’anno: tutti i giorni ci salutiamo, spesso ci fermiamo a scambiare due parole, a volte capita di fare un vero e proprio discorso.

Roberto è l’unico caso che mi sia capitato, in 17 anni di insegnamento, di bocciatura con un 7 di latino in pagella, che era il mio voto (anche per questo io credo lui sia così gentile e disponibile con me): ma a quel 7 di latino si accompagnavano voti bassissimi in matematica, fisica, inglese e scienze, alla fine dell’anno scorso: non bocciarlo era praticamente impossibile e sarebbe stato insensato.

All’inizio di quest’anno pensavo che Roberto potesse essere molto indispettito per la sua bocciatura:   

domenica 22 maggio 2011

il segnapagine del 22.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Totentanz, Supermarket dei voti: Io proprio non capisco quale differenza ci sia tra i camorristi che comprano voti a Napoli a dieci, trenta e anche cinquanta euro l’uno, e il duo Moratti-Berlusconi che li compra a Milano promettendo una sanatoria sulle multe.
Leonardo, Gli effetti della ridondanza: A costo di risultare ripetitivo, vorrei ricordare che Silvio Berlusconi possiede tre emittenti nazionali. Il centrosinistra, che in vent'anni di berlusconismo è stato al governo per almeno sette, non ha voluto fare la cosa più ovvia per difendere la democrazia: portargliele via.
Un tal Lucas, Sgarbi e il problema di fondo: Aldilà del fiasco ottenuto col suo programma su Rai Uno, ciò che non ha consentito a Sgarbi di diventare un punto di riferimento nell'arte e nella cultura italiane, non sono tanto la sua antipatia o la sua irascibilità, bensì il fatto che egli non è, a mio avviso, un buon mediatore culturale.
Taccuino 22, Lettera aperta a Ulisse: Una delle rare trasmissioni che ho modo di guardare stava diventando il solito prodottone da pubblico del grande fratello, le cui vendite aumentano in maniera proporzionale alle lacrime sbattute in prima serata e alle storie intime messe alla berlina. 
Distanti saluti, Cosa sono i confini del '67: Ci sono due cose da sapere, intanto: la prima è che si chiamano territori del ’67, ma Israele li ha ottenuti vent’anni prima: dopo la guerra del ’48. La seconda è che sono stati la “base” di tutte le trattative fra israeliani e palestinesi

a quattro zampe

di lo Scorfano

L’incontro tra due menti raffinate della destra “moderata” e liberale italiana; l’incontro (direi storico) tra due intellettuali di quelli che non trovano spazio nel gotha della cultura italiana, perché l’egemonia culturale della sinistra (terribile e tirannica) non lo permette loro, vergognosamente e colpevolmente escludendoli; l’incontro tra due esponenti illustri del genio italiano, ingiustamente trascurati, nelle indimenticabili parole (con qualche virgola perduta) di uno di loro, Marcello Veneziani, ieri sul Giornale di famiglia:
Conobbi Sgarbi una sera del '92, mi convocò in un hotel perché gli avevo proposto di scrivere per l'Italia settimanale. Conversai nella sua suite io con l'impermeabile e lui nudo, con una nota starlette che circolava a quattro zampe. Andai da lui alle 19 per essere libero a cena. Tornai a casa alle 4 trascinato con un'assurda corte tra luoghi d'arte e di piacere.
Be’, il sospetto che vi è venuto su cosa possa invece accadere quando a incontrarsi siano due "moderati" superficialotti, senza arte né parte né cultura, è a questo punto un sospetto legittimo.

le parole suicidate (Inf. XIII)

di lo Scorfano

In terza interrogo Mauro, su un programma che comprende diversi canti dell’Inferno di Dante e qualcos’altro ancora. Gli chiedo il tredicesimo canto, quello piuttosto famoso che ha come illustre protagonista Pier delle Vigne, suicida, accusato di tradimento ai danni del suo imperatore, Federico II di Svevia (tradimento che secondo Dante egli non aveva mai commesso). Pier delle Vigne è condannato a essere albero, vegetale entro una selva di suoi simili, suicidi come lui; per sentirlo parlare Dante deve spezzargli un ramo, da cui escono parole e sangue, stridendo e gemendo. Chiedo a Mauro di leggere alcune terzine, di spiegarmi il testo, di farmi notare quello che a lui pare importante delle parole che Dante fa pronunciare a questo grande uomo politico (ma anche poeta) che fu Pier delle Vigne. Lui legge:
Io son colui che tenni ambo le chiavi
   del cor di Federigo, e che le volsi,
   serrando e diserrando, sì soavi,
che dal secreto suo quasi ogn' uom tolsi;
   fede portai al glorïoso offizio,
   tanto ch'i' ne perde' li sonni e ' polsi.
Mi spiega che c’è quell’aggettivo, «soavi», a dire la dolcezza della persuasione, tutta l’abilità del diplomatico che ha a che fare con il potere assoluto, ma sa come gestirlo. Mi fa notare i due gerundi, «serrando e diserrando», che contribuiscono alla fluidità calma del verso, a renderlo quasi un meccanismo oliato che non ha bisogno di altro che delle parole del protagonista. «È il consigliere che sa guidare la nave del suo capo», mi dice; e io annuisco con la testa.        

sabato 21 maggio 2011

il segnapagine del 21.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Ottagono irregolare, ¡Ay Carmela!: Sono abbastanza sicuro di ricordare che la Spagna veniva sperticatamente elogiata come esempio da seguire, come governo illuminato e faro da seguire nella buia notte di vacche nere che avvolgeva l'Italia.
Jonkind, L'antisemitismo dei Vip: Il pregiudizio razziale, o religioso, l’eruzione insolente è quasi sempre un sussulto di ripulsione esistenziale che ci coglie nel mezzo di un moto di difesa verso una minaccia esterna al quieto vivere.
ilNichilista, Il tempo del vero e del falso: Tutto il disprezzo sistematico per la verità di questa maggioranza non sta tanto nell’ipocrisia di ululare alla par condicio quando faccia comodo e poi militarizzare cinque telegiornali cinque
Sono storie, InvasioneCi siamo svegliati e le abbiamo trovate sul pavimento e sul piano della cucina. All’inizio è prevalso il senso di stupore, la nausea, perfino il ribrezzo nel vederle assaltare pentole e bicchieri.
Finzioni, Il sorpasso: Allora, mettetevi pure comodi e tranquilli coi vostri libri in mano. Non c'è nessuna apocalisse libraria all'orizzonte, quantomeno non nel nostro giardino. Il sorpasso annunciato da Amazon, "eBook batte libro", cambierà ben poco nelle nostre vite di lettori.
Gramellini, Cattivi esempi: Il presidente del colosso dell’energia crollato in Borsa dopo il disastro di Fukushima ha convocato una conferenza stampa per chiedere scusa ai giapponesi. Si è prodotto nel classico inchino e ha lasciato la poltrona per sempre, senza pretendere neppure una busta-paga d’addio.

il verbo metterci

di lo Scorfano

Ah, il verbo metterci!


La fortuna di cui gode questo vocabolo così poco significante è senz’altro ignota ai profani ex frequentatori di scuole pubbliche o private ormai scomparse… E nessuno sa che il verbo metterci è invece il più usato, il più amato e il più temuto dagli studenti che finiscono la quinta superiore e si apprestano a sostenere l’esame di maturità. Ed è di conseguenza il più temuto (temuto e basta) da tutti gli insegnanti che hanno sortito la ventura di avere una quinta in quel benedetto anno scolastico e che si sognano il  verbo metterci, per una lunga serie di interminabili notti.

Infatti il verbo metterci viene per lo più coniugato dagli studenti maturandi nelle seguenti forme, più o meno minacciose, lamentose e/o ricattatorie: 1. «Prof, secondo lei cosa ci posso mettere di italiano nella mia tesina sulla macellazione della carne?»; 2. «Aiuto, prof, non so cosa metterci di latino nella tesina sulla resistenza elettrica!»; 3. «Secondo lei, prof, se ci metto il De rerum natura di Lucrezio nella mia tesina sulle centrali nucleari, va bene?»; 4. «Se ci mettessi Leopardi, nella mia tesina, lei poi non mi chiede mica Verga all’orale, vero prof?».               

Anche i commessi vanno in vacanza

del Disagiato


Volevo salutarvi, visto che per qualche giorno andrò fuori dall’Italia. Vado in Marocco e più precisamente a Marrakech e a Essaouira, con un paio di amici e con uno zaino contenente lo stretto necessario per sopravvivere e per fare un tuffo in mare, anzi un tuffo nell’oceano. Parto per staccare la spina, come si suol dire, e per vedere quello che non ho mai visto. Il mio vicino di casa mi ha detto di stare attento, che in Marocco c’è la guerra. Gli ho risposto che lì la guerra non c’è e lui ha ribattuto che invece c’è, e che se i marocchini vengono da noi un motivo ci sarà. Io allora ho sorriso, come si fa con i vicini di casa, e me ne sono rientrato in casa. La guerra non c’è, ma c’è molta tensione. 

venerdì 20 maggio 2011

il segnapagine del 20.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Notiziole di .mau., Cosa non si fa per un complotto: Tra i millanta blog in lingua italiana ce n'è uno che si chiama Perle Complottiste. Il suo target è sbugiardare tutti gli amanti dei complotti contro l'umanità e simili, da quelli che sono convinti che siano stati gli americani a buttarsi giù le Torri Gemelle a chi lancia allarmi contro le scie chimiche, e via discorrendo. 
Il Metapapero, I flussi elettorali nelle elezioni comunali a Napoli: I risultati del primo turno delle elezioni comunali a Napoli presentano una distribuzione di voto molto interessante che vale la pena investigare con tecniche statistiche
Il comizietto, Scampoli 1 (e 2): A me è sembrato molto strano che i sondaggi abbiano invertito le percentuali di previsione: davano Pisapia a 41 e Moratti a 48 e invece è successo il contrario. 
Who is John Galt?, Una settimana di duro lavoro: Dal Lunedì al Venerdì ti alzi alle 7 e vai a lavorare. 9-10 ore di lavoro, poi torni a casa, mangi e dormi. Questa è la tua giornata tipo fino all’ora della pensione. Mentre ti rannicchi sotto le lenzuola sai che il 46,9% della tua fatica va allo Stato.

televisione okkupata

di lo Scorfano
 
Cinque monologhi del presidente del Consiglio (non ho mica il cuore di chiamarle interviste) su cinque delle sette reti televisive nazionali, tra cui due pubbliche e tre di sua proprietà, più un altro paio di identici monologhi su due reti regionali della Lombardia. Titoli dei quotidiani on line che parlano di «offensiva televisiva», come se tutto sommato fosse ovvio che le cose debbano andare così, in campagna elettorale. Cinque monologhi serali, insisto, in pieno prime time, senza nessuna possibilità di replica, senza nemmeno un giornalista “vero” a fare una domanda, in un paese i cui elettori si informano per il 70% attraverso le televisioni e i loro programmi.

Non mi pare che sia così difficile capire (né lo è mai stato, francamente) quale sia il principale problema della democrazia in Italia.

Gli scandali

del Disagiato

Magari l’avete notato anche voi ma in questi giorni si sta parlando molto del direttore del Fondo Monetario Internazionale senza parlare del Fondo Monetario Internazionale. Ad esempio, in questo momento (cioè ieri sera rispetto a voi che leggete) ho dato una letta a una decina di quotidiani e tutti parlano di Berlusconi che propone come successore a Strauss-Kahn la signora Lagarde. Oppure scrivono delle dimissioni del direttore, della lettera di dimissioni, del braccialetto elettronico, della cauzione, delle accuse e dei paesi emergenti che rivendicano un ruolo di primo piano all’interno dell’organizzazione. Cose da raccontare, ci mancherebbe, però si dimenticano di dire, per fare un esempio, che i responsabili dei paesi emergenti che chiedono di guidare il FMI non sono paesi emergenti. La Cina è una di quelle nazioni che in questi anni non ha seguito le direttive della Banca Mondiale e, appunto, del FMI. Anche la Turchia, per dirne un’altra e la Polonia. Paesi che hanno un livello di democrazia magari più basso del nostro ma che si stanno arricchendo. Mentre l’Europa, detto terra terra, sta scivolando verso la povertà. Queste nazioni chiedono di non dare le redini dell’organizzazione agli americani e agli europei, per paura di altri fallimenti.

Fallimenti nei paesi ex sovietici e africani. Soldi dati per rimborsare industriali e politici occidentali e prestiti attuati per privatizzare ciò che dovrebbe essere, in un paese democratico, cosa del cittadino. Queste sono notizie lette non di certo in opuscoli clandestini, ma in qualche pagina di Wikipedia o in qualche libro di Stiglitz. Così, tanto per sapere di cosa si parla quando si parla di Fondo Monetario Internazionale. Tanto per capire che, prima dello scandalo sessuale di questi giorni, di scandali ce ne sono stati altri. E quelli che i nostri giornali chiamano “paesi emergenti” se n’erano già accorti, di questi scandali. A differenza di molti di noi.

la «scuola libera» (cit.)

di lo Scorfano

L’altroieri sera, a metà serata, ho acceso la tv. Ho fatto un po’ zapping, pochissimo, e poi mi sono fermato, perché su la7 ho visto il confortante faccione di Giuliano Pisapia che parlava in modo pacato di Milano e allora ho pensato: ora lo ascolto un po’. Ma Pisapia è stato subito interrotto, dopo pochi secondi: e ha cominciato a parlare ben più concitatamente un onorevole della PdL (perdonatemi l’articolo femminile: da quando ho saputo che al premier dà fastidio non riesco più a trattenermi), l’onorevole Maurizio Lupi. Il quale, polemizzando sul programma di Pisapia, ha pronunciato l’espressione: «la scuola pubblica e la scuola libera».

E a quel punto ho subito spento la tv, e basta. Perché, chi mi conosce lo sa, io non ho niente contro la scuola privata (che sono anche disposto a chiamare paritaria, se fa piacere); ci ho lavorato nella scuola privata e so che non è il luogo del vizio e della corruzione, anzi. Però, a parte tutto, le parole contano e non poco (e fanno incazzare, anche): e l’aggettivo «libera» grida vendetta, chiede immediata e sanguinosa ammenda. E trovo, ancora una volta, scandaloso che qualcuno possa permettersi di usarlo in opposizione a «pubblica» e che nessuno, nemmeno Pisapia, abbia niente da dire. Come se il «pubblico» fosse schiavo, o comunque prigioniero, o in ogni caso «semilibero». Mentre è semplicemente il nostro.

Dunque, onorevole Lupi, capiamoci: la scuola privata non si distingue da quella pubblica per la sua «libertà», nient’affatto.          

giovedì 19 maggio 2011

il segnapagine del 19.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Quadernino, Vendere il niente: In verità non c’è partito che non riceva regolarmente i sondaggi del proprio istituto di riferimento. Anche qui, la politica ha seguito l’economia: si è finanziarizzata.
Nonunacosaseria, La legge "ad Umbertum": In Italia vige una regola non scritta in base alla quale Umberto Bossi può dire qualsiasi castroneria, può lanciare il più estremista degli avvertimenti, la più pesante delle falsità e la sua sortita sarà comunque derubricata a “battuta”, a “folklore”, o addirittura a ruspante genuinità.
Il grande marziano, Dacci oggi la nostra Ruby quotidiana: Però questa brutta faccenda di Sestri Ponente (Genova) non è assimilabile in tutto e per tutto alle altre storiacce di abusi sessuali su minorenni da parte di ecclesiastici.
Gramellini, Non ci sono scarti: Una società abitata da giovani sottopagati e da adulti emarginati ha un futuro bigio. E una classe dirigente degna del nome che porta non dovrebbe pensare ad altro, giorno e notte, tutti i giorni e tutte le notti.
Anskijeghino, Dicevano: Dicevano tutti che era brava, stra-brava, che era stata un ottimo presidente Rai: infatti aveva salvato le dirette televisive della Formula Uno. Dicevano che era stata un ottimo ministro della Pubblica Istruzione: infatti aveva fatto una riforma conosciuta da tutti.

alcune voci di alcuni corridoi

di lo Scorfano

L’idea è stata sua e dunque anche l’eventuale merito, se ci sarà, sarà tutto suo; anche perché oltre all’idea, Peppe Liberti ci ha messo la fatica e l’entusiasmo che erano necessari, e che forse io non avrei avuto. Ora che però comincio a vedere in anteprima il risultato, lo ringrazio di avere avuto l’idea, di aver chiesto la mia collaborazione e di averci messo tanto entusiasmo, fino al punto di contagiarmi, pur se a mille chilometri di distanza: perché l’ebook sulla scuola che Peppe sta finendo di approntare in questi giorni è (mi pare che sia) una bella testimonianza di quello che accade nei corridoi e nelle aule della scuola italiana. Bella testimonianza e anche raccontata bene.

Se avrete voglia di leggerlo, quando uscirà, ci troverete i post di tanti, illustri autori di blog che insegnano in una qualsiasi scuola (più un imprevedibile “Pierino” che fa l’alunno e la cui identità resta segreta, per ora). Il libro elettronico si intitola «Voci di corridoio»: non vi dico chi partecipa perché sarebbe un lungo elenco e forse mi dimenticherei anche qualcuno e quindi sarebbe pure inelegante. Vi dico solo che merita quel po’ di attenzione, secondo me; e che sarà pronto, così dice Peppe, per la fine del mese, o al più tardi per la metà di giugno, quando la scuola sarà finita e potremo quindi portarcelo serenamente in vacanza.

Perché merita attenzione?       

Conoscere tutti i libri

del Disagiato

Ieri pomeriggio in libreria viene alla cassa una signora per chiedermi un libro di cui, scusate, non ricordo più il titolo. Io vedo di saperne qualcosa di più per mezzo del nostro computer, ma inutilmente, visto che nel nostro catalogo non è presente. “Signora”, le dico, “il computer mi dice che il libro non c’è”. Lei fa una faccia arrabbiata, come a dire che non è possibile, che il libro ci deve essere e alla fine dà sfogo al suo disgusto chiedendomi se io lo conosco, quel libro, e se ho per caso modo di recuperarglielo. “No, signora, non lo conosco”, le dico. “Ma come, lei dovrebbe conoscere tutti i libri”, mi risponde lei. Ovviamente io la prendo come una battuta e lancio in aria una risata isterica e così fanno anche la mia collega e un signore che attendeva il suo turno per pagare e poi andarsene.

Ma la signora non ride, invece. Allora io e la collega capiamo che quella non era una battuta e che la signora diceva sul serio. “Signora, lei non penserà veramente che dobbiamo conoscere tutti i libri pubblicati in Italia?”, le dico e lei allora mi risponde: “Tutti no, però dovreste leggere di più, che io ho da badare a una cascina e ad altre cose, ma ugualmente due o tre ore per leggere le trovo”. Questa cosa della cascina e delle altre faccende da sbrigare fa parecchio arrabbiare la mia collega che però si trattiene dallo sputare chissà quali parole in sua difesa. Io invece un po’ sconcertato spiego "che leggo e che anzi, fosse per me, me ne starei a casa a leggere ma che ugualmente mi è impossibile conoscere tutto". Ma è come sparare a vuoto. La signora insiste a dire che la nostra è una scusa, che il nostro tempo lo dedichiamo in, come si chiama, facebook e altre cazzate e, insomma, mentre penso che la signora è pazza da legare vedo la faccia della mia collega farsi sempre più gonfia e rossa. Penso che tra poco la mia collega dirà la cosa giusa, visto che io le mie cartucce me le sono già giocate.

mercoledì 18 maggio 2011

I miei animali

del Disagiato

Alle sei e mezza circa di mattino di qualche settimane fa sul mio letto eravamo in tre e vorrei tanto che il post finisse qua. Invece vi racconto che Micia (nome assai originale) a quell’ora mi ha svegliato partorendo una cosa minuscola a forma di gatto. Io un po’ emozionato e per nulla schifato dai liquidi e dalle bave del caso, ho preso i gatti, li ho messi nella cesta, ho accarezzato Micia facendole complimenti e ho guardato la sua lingua pulire quello che c’era da pulire. Poi, dopo un’ora, sono tornato a letto. Alle nove mi sono alzato e nella cesta erano in sette.

Alcuni amici mi avevano detto che qualche cucciolo sarebbe morto e che per un amante di gatti come me non sarebbe stata una bella scena. Qualcun altro invece mi aveva detto che uno dei gatti sarebbe stato rifiutato e che dovevo preparami alla scena di una madre che sbatte fuori di casa suo figlio, facendolo morire. Non è successo niente di tutto questo, per fortuna. Micia, per il momento, si tiene stretta i suoi gattini e devo dire che li cura tutti allo stesso modo e, se non risulta patetico, con lo stesso affetto. Solo che tra i sei cuccioli, in effetti, ce n’è uno più debole e scarso di pelo. Gli altri sono i primi a beccarsi la mammella per la poppata, gli altri sono più energici e forti e gli altri hanno un pelo lungo e variegato nel colore. Lui invece ha un pelo cortissimo e grigio che quasi lo fa assomigliare a un topo e per nutrirlo sono stato costretto a utilizzare una siringa o uno straccetto imbevuto di latte. “Non morire”, mi sono detto in questi giorni guardando i suoi fratelli più forti. 

le mani di suo padre

di lo Scorfano

Mentre l’ora finisce e sto per uscire dall’aula, mi si avvicina Marcello e mi dice: «Mio padre mi ha detto di chiederle scusa, per l’altroieri…» «Per l’altroieri che cosa?» gli dico io, piuttosto incredulo. E quando lui mi dice per cosa suo padre si scusa tramite il figlio, ecco, in quel momento io ho voglia contemporaneamente di dare un pugno in faccia a Marcello ma anche di fargli una carezza. E non so cosa fare. E poi gli faccio un gesto che significa «Ma piantala!» e me ne vado, e mi viene da ridere, o da commuovermi, o forse anche da arrabbiarmi un po’, non so.

Perché quello che è accaduto «l’altroieri» è stato che il papà di Marcello è venuto a colloquio con me, per parlare della situazione scolastica (difficile) del figlio. Il padre è arrivato con una decina di minuti di ritardo, e si è subito scusato; ma già il giorno prima Marcello mi aveva avvertito che il padre doveva lavorare e che sarebbe arrivato con un po’ di ritardo e io gli avevo detto che non c’era problema. E anche mezz’ora prima che il padre arrivasse, Marcello era di nuovo venuto a dirmi che il padre sarebbe arrivato un po’ in ritardo: «È passato a casa un minuto per lavarsi e cambiarsi, era a lavorare», mi ha detto. E io gli ho ripetuto che non c’era nessun problema.

Poi il padre è arrivato, si è scusato, si sono seduti tutti e due, lui e Marcello, davanti a me. E abbiamo cominciato a parlare.    

martedì 17 maggio 2011

il segnapagine del 17.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Indiscreto, Lo sterrato senza il morto: Coloro che organizzano il Giro d’Italia, e che ne gestiscono il quotidiano dipanarsi lungo le strade di quel bellissimo e schifoso paese che è l’Italia, non sono dilettanti. Sono, soprattutto, fortunati. 
Leonardo, Non siamo malati: I maschi si fanno la lotta fra loro: sono fatti così. L'unico sistema era... farne molti di meno, e tenerli separati dal resto della società.
Non ne so abbastanza, Perderemo: Quella di salire sul carro del vincitore è un'abitudine alla quale quasi non facciamo più caso: del resto la stessa legge elettorale per le comunali lo consente e lo favorisce, l'apparentamento per il ballottaggio.
Sasaki Fujika, La gestione del dissenso: Be' signori, benvenuti nella politica del 2011, quella in cui quando fai una cappella la gente te lo scrive su tutti i muri e tu non ci puoi fare un cazzo e ogni passo che fai, avanti o indietro, pesti una merda.
Norberto Bottani, Le prove Invalsi: Non sempre gli esperti hanno ragione, per quanto bravi siano. Spesso sono arroganti e presuntuosi e vendono i loro prodotti, le loro teorie, come se fosse oro colato. Non è in questo modo che deve funzionare la valutazione in una scuola democratica.

la periferia della Lega Nord

di lo Scorfano

Mi guardo un po’ di numeri relativi alle elezioni amministrative di ieri e mi balza all’occhio un dato che  mi pare molto importante. Che senz’altro non è l’unico a essere importante, ma che credo valga la pena di essere sottolineato e meditato con attenzione: la Lega Nord perde molti consensi, moltissimi rispetto alle amministrative dell’anno scorso.

Li perde in Lombardia (a Milano non arriva al 10%, ma perde anche parecchio in provincia di Pavia), ma soprattutto li perde altrove, in quella fascia di regioni che non sono la Lombardia e il Veneto e che costituiscono la «perfieria», per così dire, del consenso leghista: Piemonte, Liguria, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna. Una periferia peraltro determinante, nell’ultimo decennio, a sancire l’inarrestabile (si diceva) avanzata elettorale del leghismo padano, legato al territorio.

In realtà i numeri dicono che la Lega Nord ha perso consenso in 14 comuni su 15, se si guarda ai capoluoghi di provincia. Ma, anche a tenere da parte le cifre e le percentuali più raffinate, il calo di consenso è sensibile e importante.        

La vita non ci chiede

del Disagiato

Nel magazzino della libreria c’è, appeso alla parete, un poster incorniciato che raffigura un deserto e nel mezzo del deserto un albero alto e verde. Sotto questa significativa immagine c’è scritto: "La vita non ci chiede di essere il più forte o il Migliore. Ci chiede soltanto di provarci”. Un poster appeso sopra la scrivania sulla quale noi commessi mangiamo durante la pausa; un poster che noi commessi guardiamo quotidianamente in faccia mentre le nostre mandibole trasformano il cibo in bolo e le nostre gambe riprendono l’energia necessaria per affrontare allunghi e frenate. Ecco, non fatevi un’idea sbagliata, perché la verità è che io non so come sia capitata lì quell’immagine e non so chi abbia avuto l’idea di proporre quell’albero capace di crescere in mezzo al deserto. Proprio non lo so. La mia responsabile non penso, il mio titolare non mi sembra il tipo e, insomma, temo che chi voleva motivarci con quella frase retorica ora non lavora più in questa libreria e soprattutto io non l’ho mai visto.

Sta di fatto che la frase non mi piace perché, appunto, la trovo retorica. Non mi piace quel “Migliore” in maiuscolo e trovo davvero patetico il punto prima del “Ci chiede”. Non mi piace l’albero rigoglioso, il deserto e, insomma, non mi piace che ci si occupi di me. Non tollero il fatto che ci sia qualcuno che mi motivi in un piccolo magazzino di un centro commerciale. Vaffanculo. Io per lavorare bene ho bisogno delle condizioni necessarie per lavorare bene e di una buona paga. Preferisco l’indifferenza alla retorica, il deserto fatto di sabbia e senza nessun albero, che gli alberi nel deserto non crescono. Anzi, invece di un albero ci vorrebbe un uomo morto, che la cosa sarebbe più significativa. Preferirei non ci fosse quella maledetta scritta. Preferirei la parete nuda.

lunedì 16 maggio 2011

il segnapagine del 16.V.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Emmanuel Negro, Bologna, Laodicea: Una sinistra esiste ancora, in Italia; anzi, è più forte e consistente di quanto si voglia credere dalle parti del PD, ed è più che pronta a dimostrarlo, se solo gliene viene data la possibilità. Pisapia è lì a provarlo.
Sasaki Fujika, Amo Milano, ma la colpa è vostra: L'unica cosa che so è che non servono le piste ciclabili, più parcheggi, meno smog e le madonne girate. Non avete bisogno di sindaci di destra, né di quelli di centro sinistra, e sinistra. Non è un battaglia tra PdL e PD, quella cittadina. È un tremenda ed inutile, invincibile, guerra tra “buongiorno” e “tanto è uguale”.
Coq Baroque, La Lega Nord: La Lega Nord non ha idee, ma fomenta e cavalca le paure, gli egoismi e i risentimenti di un paese ormai impoverito, confuso, violento, ipocrita, sull’orlo di uno sfacelo civile senza ritorno.
La bionda, Ah, i genitori!: La scuola non è un’azienda, non vende prodotti o prestazioni. Se un ragazzo non va bene a scuola, i genitori invece di preoccuparsi subito di lamentarsi con gli insegnanti, dovrebbero controllare se e in quale modo il figlio studia. 
UnPopperUno, Slow Food, ideologia e cuisine vérité: L’ideologia dell’organizzazione di Carlo Petrini è uno strano ibrido, in bilico tra antimodernismi di sinistra e di destra. In entrambi i casi, contro il corso della storia.
ScuolaOggi, L'incerto destino dei precari della scuola: Il prossimo anno scolastico avremo la terza dolorosissima tranche di tagli, e già sono all’orizzonte manovre e contenimenti di spese. Si troverà il modo di affollare ulteriormente le classi, togliere qualche altro pezzo all’offerta formativa, fare a meno degli insegnanti di sostegno...

La fronte del commesso

del Disagiato

Una piccola frazione di vita avviene nello specchietto retrovisore della macchina, tutti i giorni, tutti i mesi e da molti anni. Salgo in macchina e vedo un pezzo di me, quel pezzo terribile che conteggia gli anni più di tutti gli altri. Nello specchietto retrovisore vedo i capelli diminuire, i capelli farsi bianchi e vedo le prime rughe affiorare sulla fronte e una volta visto tutto questo collasso accendo la macchina e parto per andare a fare il mio mestiere. Durante il tragitto mi dico per sdrammatizzare che queste rughe sono come onde di mare, increspature marine e lo so amore mio che è una cosa stupida da dire a se stessi guidando una macchina e scalando marce, lo so, ma si sdrammatizza, si smussano gli angoli. Maledetto specchietto che mi racconta della mia vita messa in strane contabilità e fatturazioni. Maledetto rettangolo di vetro che mi dice ogni santo giorno come sono fatto, sfatto e quanto sono cambiato. Lo odio così tanto che non vorrei mai entrarci, in macchina. Vivere solo di grandi specchi, di quelli che mi pigliano tutto, che non fanno riassunti così azzeccati e spietati, fatti esclusivamente di fronti stropicciate e attaccature alte. Vorrei salire in macchina senza sentirmi dire niente, con la vita muta e le orecchie sorde.


Oggi, però, finito il mio turno di lavoro sono salito in macchina e nello specchietto retrovisore c’eri tu, che entravi nella tua di macchina. Non mi sono girato, ho preferito guardarti da lì.