lunedì 27 giugno 2011

Cosa conviene

del Disagiato

Mi ha chiamato Chiara per dirmi che si sposa. “Vediamoci”, mi dice, “vediamoci così ti do una cosa”. E io so che quella cosa sarà il biglietto di partecipazione al suo matrimonio, un biglietto sobrio ed elegante, con un “Chiara e Marco hanno il piacere di” e so anche che mi consegnerà quel biglietto con uno strano sorriso e toccandosi i capelli come fa lei quando è emozionata e insicura. “Quando vuoi”, le dico e per telefono sono minuti nei quali ci diciamo che è tanto che non ci si vede, sei stato tu a non farti più sentire, no sei stata tu, dai, facciamo che ci si vede venerdì sera?, propongo ristorante cinese, ciao, a venerdì allora. Baci. E anche se ho pochissimo da raccontare e anche se so che è colpa mia se non ci vediamo da mesi, ho voglia di vederla, Chiara, di abbracciarla e di sapere che al mondo c’è qualcuno che basta uno sguardo per capirsi. Anzi, ho voglia di vederla per raccontarmi che il palo al quale mi sono appoggiato per anni c’è ancora, che nulla è andato perso e che alcune cose, pochissime, nella vita non cambiano.

E allora io e Chiara ci vediamo sotto casa mia, lei scende dalla sua macchina toccandosi i capelli ed è bellissima nel suo vestito azzurro e ci abbracciamo e, insomma, basta uno sguardo per capirsi, per ridurre con una forbiciata repentina le distanze allungate dai mesi e dalle stagioni. “Finalmente”, mi dice e in quel finalmente so che c’è un mezzo rimprovero per la latitanza ingiustificata ma poi, dopo un altro sguardo in un parcheggio di paese, il rimprovero evapora. E si sale in macchina e dopo qualche minuto siamo ad un tavolo vicino al lago. Lei tira fuori dalla borsetta il biglietto, lo leggo e le do un bacio sulla guancia sbiascicando un grazie. “E tu? Cosa mi racconti? Ce l’hai la ragazza?”, mi chiede lei.

Visto che ultimamente questa domanda me la fanno in molti (ci deve essere una logica, immagino), io ho già la risposta pronta: “No”. E lei ride. “Perché ridi?”. “Boh, così”, “Così cosa?”. E allora Chiara, quella che mi conosce dai tempi del liceo, quella che basta uno sguardo per capirsi, mi dice questa cosa: “Tu sei speciale, sei unico”. E io, con un grande sorriso in faccia, vedo però questa cosa un po’ in contraddizione con il fatto che io non abbia una ragazza. “Se fossi speciale avrei non una ma venti ragazze”, le dico. E poi le dico che è un periodo così e che, insomma, io comunque non dico che sono felicissimo però sto bene e che teorizzare il mio stato mi pare una cosa antipatica. “Come se ora cercassi di capire perché tu ti sposi”, concludo. “Io mi sposo perché sulla bilancia”, e con le mani aperte fa il gesto della bilancia, “ho messo tutte le cose della mia vita e Marco è quello che pesa di più”.

E quando dice questa cosa io non capisco se sta scherzando oppure no. E la guardo, Chiara. E capisco solo in quel momento che per strada devo essermi perso qualcosa. Perché io sulla bilancia non ho ancora messo niente. Perché, anzi, io una bilancia e le cose da metterci sopra non ne ho. Dovevo pensarci prima, a fare questa cosa, dovevo mettermi in testa qualche mese fa che nella vita, a un certo punto, per capire la direzione, bisogna prendere una bilancia e metterci sopra qualcosa. 

E a lei queste cose, più o meno, e a mio modo, le dico. “Ma tu non ne hai bisogno. Tu sei un poeta. Sei pesante, ma non fraintendere, intendo pesante nel senso buono. Uno che ha delle pretese e che non si accontenta”. Davanti a due ravioli al vapore cerco di capire se devo offendermi o no. Metto insieme “poeta”, “pesante”, “senso buono” e tento di grattare queste espressioni come fossero pietre focaie, per far uscire una scintilla, un significato che mi faccia capire di che cazzo stiamo parlando. Perché io non sono poeta e perché io sono, se volete, pesante e magari nel senso non buono. E a Chiara dico anche queste cose, più o meno, e a mio modo. E nel silenzio che segue, mentre le nostre mandibole lavorano, ripenso alla cosa della bilancia e alle cose che ci stanno sopra

E per tutto la cena, come un’ossessione, ho davanti agli occhi quelle due mani che imitavano i piatti di una bilancia, una che scende e una che sale. E anche adesso, prima di scrivere quello che sto scrivendo, ho rifatto il gesto dei due piatti: uno che scende e uno che sale. E due che si conoscono bene e che basta uno sguardo per vedersi e che sono felici di stare insieme non possono arrivare a fare così con una mano, una scende e una che sale. Si dovrebbe parlare d'altro, non arrivare a quel gesto che non riesco a togliermi dalla testa. Perché se fosse stato una questione di pesi io non sarei mai stato seduto a quel tavolo con lei e ora non sarei qui a scrivere e sono sicuro che anche voi non.




9 commenti:

  1. bellissimo questo pezzo, davvero

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  2. Concordo con plus1gmt.

    Questo post rappresenta pienamente l'espressione "Sempre un po' a disagio."

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  3. la domanda te la fanno in tanti per colpa dello Scorfano, fin qui non ci piove.

    È interessante poi notare come il post sia stato
    (auto)postato mentre il Disagiato è all'estero, anche questo vuol dire molto.

    Per la bilancia, sul frenfi sto azzardando un'ipotesi diversa :-P

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  4. La domanda gliela fanno tutti perchè sarebbe l'ora. ;)
    Il post programmato gliel'ho invece imposto io, visto che non fa altro che lamentarsi e poi mi lascia sempre qui da solo, a gestire il suo blog.

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  5. @scorfano: squattatore che non sei altro!

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  6. @.mau.
    Lascia perdere, lascia perdere... Che se non ci fossi io a tenergli in piedi la baracca, altro che vacanze a disagio in giro per il mondo, quello lì. (si scherza, Disagiato, si scherza: che poi torni e leggi i ocmmenti e te la prendi pure :P)

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  7. Bello, sì, ma mette un magone...Ché uno ci pensa, e poi si fa domande che bisognerebbe farsi solo a notte fonda.

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  8. "due ravioli a vapore"

    dilettanti..
    variabile

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  9. La domanda è: perché non l'hai sposata tu?

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)