mercoledì 7 settembre 2011

che cosa vorrei (forse)

di lo Scorfano

Prima dell'estate mi ha telefonato un amico che non sentivo da un po' di tempo. Abbiamo parlato un po' del più e del meno (più che altro del meno, francamente) e poi lui è arrivato al punto: e mi ha detto: «Ma tu non avresti voglia di rientrare all'università? Non ti sta un po' stretto il lavoro nella scuola superiore?» Io ho esitato. Lui ha detto che avrebbe potuto aiutarmi, che conosceva questa e quest'altra persona (funziona così, no?), che avrebbe potuto parlarci, che non sarebbe stato un problema, che era una scommessa da fare, che aveva pensato a me per questo e quest'altro motivo.

Io ho esitato ancora un po', poi gli ho detto che «no, grazie». E gli detto che sì, il lavoro nella scuola superiore mi sta un po' stretto, lo ammetto, a volte faccio fatica, non mi ci riconosco più tanto facilmente, è vero, e l'entusiasmo non è un dono di natura né dello spirito santo, lo so bene. Ma l'università non è quello che vorrei, onestamente: ho già dato, è stato abbastanza così. «E cosa vorresti, allora?» mi ha chiesto lui, un po' scocciato e forse anche incredulo.

I

22 commenti:

  1. Io sono un po' perplessa sulla questione del programma libero perchè ho idea che, alla base della società, vi sia anche una cultura comune.
    Se ho una scuola dove è tutto yoga-channeling-programmi a caso ed una dove ti insegnano l'intelligent design e l'interpretazione della Bibbia, ihmo rischio di ottenere isole di persone con nozioni fantastiche ma un po' al di fuori dei canoni.

    Dei test Invalsi, visti da fuori, avevo capito poco. Mi eran parsi la brutta copia dei SAT americani, senza però l'utilità e gli scopi del SAT visto che in Italia non hai in ballo se entrare ad Harvard o Berkley.

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  2. Io ho molto semplificato, ovviamente. E' chiaro che se un titolo di studio deve continuare ad avere valore legale è necessario che siano obiettivi minimi e linee guida comuni per tutte le scuole. Però, e chi lavora dentro una scuola lo sa bene, molteplici sono i modi in cui si possono interpretare queste linee guida: è su questo che agirei. Una scuola autonoma, diretta da una persona e da suoi collaboratori (insegnanti, genitori, alunni) che abbiano un'idea chiara di quello che vogliono e di come lo vogliono raggiungere. Mi piacerebbe provare, ecco.

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  3. Ho due cuccioli in età scolare e sarei felice di una scuola così. Finanziata dallo stato (imperativo!) ma non omologata, non appiattita, non rassegnata. Magari! Autogestita, responsabile, motivata e con la carta igienica!

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  4. Era la riforma che io avrei voluto vedere applicata all'Università: ma è andata come è andata, e quindi alla fine tutto sommato forse ti conviene rimanere al liceo, perché all'università troveresti un sacco di altre cretinate da fare (un po' diverse ma in fondo le stesse) ma senza il rapporto umano con gli studenti. (e poi: tornare all'università adesso? sei matto? ma lo sai quando sarà il prossimo concorso per associato o ordinario? più mai che poi!)

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  5. Che il tornare all'università fosse una follia (e non facesse per me, tra l'altro) l'ho pensato dopo pochi secondi. Anche se il mio (affettuoso) ainterlocutore credo non se ne sia capacitato ancora adesso...

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  6. in italia l'autonomia esiste già e vale per tutte le scuole, non per una minoranza come le public schools in uk.

    certo, andrebbe potenziata. per esempio riesumando i C.I.S. (affossati a suo tempo dalla moratti), che servivano a supportare le scuole autonome lasciandole meno sole, oppure affrontando una volta per tutte il nodo del reclutamento.

    per una descrizione di cosa sarebbe dovuto succedere nell'applicazione dell'autonomia se il processo non si fosse interrotto si veda ad esempio http://www.edscuola.it/archivio/riformeonline/cis.html

    purtroppo abbiamo buttato nel cesso dieci anni, ma prima di andare a vedere cosa fanno all'estero, perché non proviamo ad applicare quello che abbiamo già ideato?

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  7. Guarda, Marco, io non so bene in che cosa e per quale motivo (e senz'altro hai ragione tu quando dici che è stata affossata dalla Moratti) ma oggi come oggi l'autonomia non funziona. O meglio: non significa nulla. Il Preside è in questo momento poco più che un burocrate.
    D'altronde la scuola è fatta prima di tutto dagli insegnanti (e questa sarebbe il primo punto sul quale mettersi definitivamente d'accordo): finché non si darà a un dirigente la possibilità di scegliersi (da una lista di abilitati, ci mancherebbe) i suoi insegnanti, temo che non si parlerà di autonomia senza però che questo abbia un significato di una certa quale pregnanza.

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  8. L'autonomia mi spaventa non poco e poi mi chiedo: il corpo di conoscenze comuni necessarie ad un italiano (ad un europeo) non è sufficientemente vasto per riempire le ore di una scuola statale ? (ah quanto è fuori moda 'sto termine!)

    Bisogna per forza avere una scuola "su misura" dove ti insegnino lo yoga, la letteratura ebraica o il dialetto marchigiano?

    Come genitore, se ho piacere che mio figlio veda anche altri pezzi di mondo, ho a disposizione (e qui si in totale autonomia) scuole di musica, biblioteche, palestre di yoga, chiese, moschee, insegnanti di latino.. non so se ci siano insegnanti di dialetto marchigiano. Forse no.

    E i livelli standard che deve avere un diplomato per accedere ad altre scuole o a determinate professioni come si determinano in un mosaico così variegato?

    No, a me non piace la scuola autonoma e la scuola dei "dirigenti".

    (un fuori moda) Variabile

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  9. Insisto, perché mi sa che non sono stato per niente chiaro (e poerchè anch'io lo confesso non ho le idee chiarissime) che non è tanto sui contenuti che andrebbe postoi l'accento quanto sui metodi. D'accordo, la cultura deve essere comune a tutti: come ci si arriva? Non c'è un solo modo, ce ne sono tanti. E' su questo che si dovrebbe fare qualche passo avanti, a mio parere. Altrimenti l'unica cultura che rischiamo di avere in comune è quella televisiva, perchè a scuola non si riesce a fare più niente.

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  10. Ne so meno di te, Scorfano, ma fino ad ora come si è fatto? Insomma la scuola (e poi anche la naja, a dire la verità) italiana, qualcosa ha fatto.
    V.

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  11. Negli ultimi vent'anni, caro Variabile, si è fatto male, molto male. Preparazione sempre più approssimativa, educazione nulla: e i risultati, sul piano della coscienza civile, si vedono tutti, tra l'altro. Io non sono per nessun tipo di smantellamento, intendiamoci. La mia teoria è che per fare buona scuola ci vogliono buoni insgenanti, tutto qui. E un buon insegnante riesce a esserlo se il sistema in cui lavora (cioè la sua scuola) lo mette in condizione di rendere al meglio. Vorrei questo, in sostanza: una scuola in cui gli obiettivi e i metodi per raggiungerli sono chiari per tutti: dobbiamo ottenere questo e lavorare su questo. Oggi, per come sta andando, tutto si regge sulla semplice buona volontà di alcuni; e così non può più funzionare.

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  12. Che i meccanismi siano da sistemare (ma anche da cambiare radicalmente) penso di sì. Ecco, non ne so molto della scuola degli ultimi venti anni, la sto vedendo poco a poco insieme a mio figlio e anche io mi accorgo che certe cose non vanno, anche se forse il giovane è capitato per geografia e fortuna in una situazione migliore di altre.

    Quello che non mi piace è l'assioma: il pubblico funziona male quindi diamo autonomia (che in alcuni settori confina con il "privatizziamo").
    Troppo comodo delegare il signor tizio a gestire in vece di un funzionario pubblico, che poi continuerà ad esistere, ma deresponsabilizzato. Io mi aspetto che chi amministra lo faccia e lo faccia bene, non che deleghi un "dirigente" a fare come gli pare. Che poi sarà "bene" in alcuni posti e "male" in altri, "bene a pagamento" in altri ancora, "bene in yoga e male in matematica" in altri ancora e via dicendo..

    Sicuramente i nobili nel 1600 avevano ottimi istitutori e programmi personalizzati.
    Basta
    sto trollando? :)

    V.

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  13. Altro che trollando, mi stai aiutando a capire.
    E però è proprio la natura "pubblica" del progetto che mi piace. Voglio dire: è una scuola per tutti, che ti dice, fin dall'inizio (lo yoga è troppo, d'accordo): noi puntiamo sull'internazionalizzazione dell'esperienza scolastica. Organizziamo stage all'estero, scambi cutlurali ecc. Se a te non va ben, c'è un'altra scuola che (fermi restando gli obiettivi di base, che sono ministeriali, cioè statali) ti dcie: noi puntiamo su un apprendimento tradizionale: molta roba a memoria, molte letture, molto laboratorio pomeridiano. A quel punto c'è una scelta. E quel punto ci sono scuole che davvero sono spinte a fare meglio (e quindi insegnanti spinti a fare meglio). E qa quel punto si migliora tutti, non solo qualcuno.
    Perché, guarda, te lo dico con terrore: andando avanti così, senza cambiare niente, il futuro è delle scuole private, invece.

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  14. Detta così mi piace di più. Però scusa, non è già adesso così? (io sono fermo alla prima media.. inizio la seconda la prossima settimana)

    Nel senso il sistema delle scuole pubbliche superiori, a parte il corpo di conoscenze comuni, non offre già un meccanismo sostanzialmente simile a quello che descrivi?

    In generale, 'stasera, penserò alla parola "motivazione". Credo che sia un problema comune a tanti ambiti.
    V.

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  15. Diciamo che "dovrebbe" essere già così, in teoria. In pratica il dirigente scolastico è poco più che un burocrate, in genere; e gli insegnanti fanno quello che vogliono (e in troppi, mi duole dirlo, fanno ben poco). E tutto è governato dall'alto per mportarci, in sostanza, verso lo sfascio. Perché finora quello che è accaduto da tre anni a questa parte è solo questo: che si è cercato di fare a pezzi la scuola pubblica, in ogni modo.

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  16. scorfano, concordo e l'ho scritto. o sciogliamo il nodo del reclutamento o non se ne esce.

    con un corollario: non penso che il punto sia scegliersi tizio e caio (la cosiddetta chiamata diretta), ma consentire a ogni scuola (o rete di scuole, ma non scendiamo nel tecnico) di farsi il proprio concorso. In modo da zittire chi ha paura dei favoritismi.

    ma non sottovalutare 'altro aspetto che ti ponevo. i C.I.S. servivano ad ovviare ad un limite intrinseco della scuola delle autonomie, la debolezza delle singole scuole. Una struttura di servizio a livello subprovinciale serve eccome. Non aver fatto quello è uno dei motivi per cui oggi l'autonomia non funziona e non funzionerebbe nemmeno con il reclutamento a livello di scuola (o di rete di scuole)

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  17. Forse il mio post preferito di sempre. Condivido praticamente tutto.

    Uqbal

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  18. Il problema nasce perché a me tutto questo sistema va bene a patto che sia io quello che comanda. Altrimenti non so se mi va bene... ;)

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  19. In un sistema aperto come quello che suggerisci, gli insegnanti con certe idee e metodi tenderebbero a finire tra le braccia di presidi che le condividono, scappandosene dai presidi che li costringono a fare cose migliori. E una cooperazione convinta (non quella coatta e mugugnosa di adesso) darebbe i suoi frutti.

    Ovvio che non sarebbe tutto così lineare o privo di intoppi, ma la tendenza sarebbe quella.

    Io ad esempio non andrei certo a far richieste in scuole che odiano la laboratorialità...

    U.

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  20. oooppsss "a fare cose noiose"!!! altrimenti non ha senso!

    U.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)