lunedì 12 settembre 2011

i ripetenti

di lo Scorfano

Ci fu un primo giorno di scuola anche l'anno scorso, naturalmente. Fu, come è ovvio, una mattina di settembre e fu una mattina in cui sentii il dispiacere di non avere più il mio vecchio blog, me lo ricordo: perché arrivai a scuola alle 8, parcheggiai e, invece di entrare subito come al solito, facendomi aprire il cancello della scuola e lasciando alle mie spalle i ragazzi, mi fermai nel parcheggio, e aspettai.

Aspettavo che suonasse la campanella dell'entrata, aspettavo che gli oltre mille studenti della scuola si accalcassero e si spingessero e corressero su per le scale, nella speranza di occupare i posti più in fondo, ognuno nella sua aula. Li guardavo e pensavo che erano già tutti diversi: alcuni nuovi, quattordicenni appena arrivati, altri cresciuti, con zaini diversi, con pantaloni appena comprati, con sorrisi su cui si leggevano le tracce dell'estate appena passata. Ero lì e mi fumavo la prima sigaretta della giornata, quando mi si avvicinò Dario.

Dario non era nuovo, invece; Dario era forse l'unico come me. 
  Bocciato all'esame di Stato, era lì che aspettava di ripetere la quinta, con la rassegnazione dovuta, con quella stanchezza già chiara nello sguardo che lo rendeva diverso da tutti gli altri, e troppo simile a me. Dario era stato mio alunno nel biennio, italiano e latino: poi, per tre anni ci eravamo incrociati nei corridoi e sulle scale; un giorno mi aveva fermato suo padre, quando lui era in quarta; mi aveva chiesto se potevo parlargli, mi aveva detto: «sta studiando così poco»; aveva provato ad aggiungere che magari, se gli parlavo io, se provavo a fargli capire... Io ci avevo provato, un giorno nel cortile. Dario mi aveva ascoltato, educato come sempre, poi mi aveva salutato, e chissà, forse qualcosa aveva anche studiato, visto che alla fine dell'anno era stato promosso. Ma comunque si è poi fatto bocciare in quinta, all'esame di Stato, è cambiato poco.

E l'anno scorso io e Dario ci siamo quindi trovati lì, insieme, e siamo rimasti lì, davanti al cancello, anche lui fumando una sigaretta: abbiamo scambiato poche parole, non c'era bisogno: sapevamo tutti e due di sentire la stanchezza del ripetente, di quello che ricomincia il giro dell'anno prima, come in un mostruoso gioco dell'oca in cui gli altri finiscono sempre e noi siamo condannati a non finire mai. Lui mi chiedeva le classi che avrei avuto; io gli dicevo di non fare il cretino, almeno per quell'anno. Poi ho spento la mia sigaretta sotto la suola della scarpa, l'ho guardato e gli ho detto, sorridendo: «Andiamo, che è ora». Ci siamo avvicinato al cancello, io ho esitato per far passare prima lui, lui ha esitato per far passare prima me. E poi siamo entrati, anche noi.

Ma appena prima che entrassimo, subito dopo che gli ho detto «Andiamo, che è ora», in quel secondo di esitazione davanti al cancello aperto, Dario mi ha sorriso con un sorriso che mi ricordo ancora; ed era esattamente di quello che avrei voluto scrivere sul vecchio blog, se lo avessi ancora avuto: di quel sorriso. Un sorriso adulto, il sorriso di chi ha coscienza, il sorriso consapevole e ripetente di chi ha già vissuto il suo primo fallimento e ne conosce il sapore e l'amarezza. E che da quel fallimento ricomincia, come è normale, come si impara a fare con gli anni, come tutti abbiamo imparato. A ripetere, quando è il caso, se è necessario.

E dunque anche oggi è il primo giorno di scuola. E alle nove del mattino questo post sarà sul blog e io mi sarò già da un'ora fermato lì, davanti al cancello della scuola, a guardare tutti gli alunni così nuovi e a fumare la prima sigaretta del mattino (fumo ancora, maledetto me). E poi a un certo punto sarò entrato anch'io, esitando un po' davanti al cancello come se avessi qualcuno da lasciar passare prima di me. Ma non ci sarà Dario quest'anno, che finalmente è stato promosso, e non avrò nessun sorriso che mi saluterà e mi dirà tra i denti «Buon anno scolastico», buon cerchio, buon diciannovesimo percorso circolare. Sarò solo e ripetente, come sempre. A ripetere ogni volta lo stesso giro, sperando che a qualcosa serva, che a qualcuno giovi, che Dario stia bene e stia riuscendo a trovare la sua strada. Un po' più rettilinea, se ci riesce.

7 commenti:

  1. Ah, quel sorriso, come lo hai descritto bene. L'età adulta comincia proprio con quel sorriso.

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  2. Bello. L'insegnante e l'alunno nello stesso cerchio. Ah, Scorfano, lei è dunque un eterno ripetente!:))

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  3. "Poi ho spento la mia sigaretta sotto la scuola della scarpa". Deformazione professionale? :D

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  4. Refuso parecchio comico, in effetti. ;) Grazie, ho corretto.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)