mercoledì 14 settembre 2011

polvere e paura

di lo Scorfano

Entro in seconda, dopo tutta un'estate. È una classe del cosiddetto liceo tecnologico, sono quasi tutti maschi, molto svegli, un po' agitati ma bravi: quasi tutti molto studiosi. E poi, l'ho già detto, sono davvero ragazzi parecchio svegli: fanno domande, vogliono sapere, si stupiscono e non mollano l'osso, se credono che io non sono stato abbastanza chiaro. È passata tutta un'estate, li saluto, ma non posso usare due ore consecutive solo per i convenevoli: e poi sono fatti così, non raccontano molto, le storie delle vacanze sono finite già dopo cinque minuti. Allora immagino che abbiano un quaderno e una penna. Ce li hanno. Dico che parliamo un po' dei Promessi sposi, che prendano appunti, e che la volta prossima cominceremo a leggerlo.

E infatti comincio a parlare. E in due ore, mi rendo conto, io dico di tutto e loro mi chiedono di tutto. Non sanno cos'è l'illuminismo, io provo a spiegare loro, in breve, che cosa sia l'illuminismo;
  non sanno chi sia Voltaire, io dico loro chi è Voltaire e perché farebbero bene a leggere almeno il Candido; in molti segnano sul diario il titolo del libro: lo leggeranno. Ma devo anche spiegare (e sarà la decima volta) cosa significhi il «XVIII secolo», che si tratta degli anni dal 1701 al 1800, perché alcuni di loro non lo sanno ancora. Parlo di Cesare Beccaria, non sanno chi è; mi chiedono cosa significhi «presunzione di innocenza», io glielo spiego. Alcuni mi dicono che non hanno mica capito bene cosa voglia dire la parola «provvidenza»; e io qui mi incasino un po', ma provo lo stesso a dire parole che abbiano un senso. Poi c'è la «conversione» e anche lì se ne vanno diversi minuti, tra domande e risposte. Ma anche il romanzo «storico» porta via tempo e domande. E poi c'è la questione della lingua italiana, i «panni in Arno», Firenze, tutte cose che non sanno, che non possono sapere,. e i loro nonni che parlano dialetto, e finanche tre o quattro di loro che, normalmente, in casa parlano dialetto con i genitori e da dove venga tutta questa varietà italiana di idiomi e perché, invece, l'italiano letterario e proprio il fiorentino...

Insomma, in due ore, me ne rendo conto mentre esco drammaticamente sudato, abbiamo parlato di tutto, loro mi hanno chiesto di tutto, io ho cercato di spiegare di tutto. Una voragine, una vertigine, qualcosa che adesso, se ci penso da fuori, non saprei nemmeno più rifare (e nemmeno come farla, onestamente). Ma è così, tutti i giorni o quasi, il mestiere di insegnare.

E allora penso che sono i primi giorni di scuola ed è per questo che me ne rendo conto. Poi passeranno le mattine e non ci penserò più, e sarà normale, quasi automatico. Ma non è normale, però.

È anzi davvero una vertigine pensare a come tutto questo possa accadere: giovani persone che non sanno niente, o quasi; un uomo adulto che sa alcune cose più di loro e si mette lì, davanti a loro, e risponde alle domande e passa informazioni, idee, metodi, prospettive. E loro in ascolto, un sacco di cose che andranno perse, che loro non si ricorderanno mai, che forse però sapranno senza sapere di saperle, come se fosse polvere che lentamente si deposita in un fondo buio e diventa terra, terreno su cui poi cresceranno loro idee, alberi, siepi, cespugli, quello che penseranno domani, tra un anno, tra vent'anni.

Io mi metto lì e dico cose; loro chiedono cose e imparano cose; e tutte queste cose si fanno polvere nelle loro teste, si arrotolano e si modificano come nemmeno io posso immaginare, e diventano qualcos'altro, le loro scelte, il loro futuro, i criteri attraverso cui decideranno se una cosa è bella o no, se è intelligente o no, se è giusta oppure no.

Non è così semplice, lo so anch'io. C'è la famiglia e c'è il mondo al di fuori delle pareti scolastiche e un sacco di altri stimoli che agiscono, che fanno crescere, che creano polvere che si deposita e diventa terra fertile. Ma questo c'è, comunque, ed è la scuola, per tutti. E questo sono io a farlo, tutte le mattine, perché tanto tempo fa ho scelto di farlo. E meno male che oggi l'ho già fatto, sinceramente: perché se dovessi ricominciare adesso, questa voragine mi farebbe paura, la responsabilità che mi prendo, il compito così gravoso; e non so se avrei davvero il coraggio di entrare in seconda e, tac, cominciare a spiegare i Promessi sposi, l'illuminismo, Voltaire, la provvidenza, la conversione, i delitti, gli esseri umani... No, così su due piedi, non ce lo avrei.

14 commenti:

  1. Bravo, dimostri di essere più che un Prof. ma un Maestro con la emme maiuscola. I tuoi allievi sono fortunati.

    Sensei (先生) è un termine giapponese che significa "maestro".
    Oltre a indicare i docenti scolastici, viene adoperato anche all'interno delle arti e tecniche tradizionali, dove il maestro spesso non viene visto come il semplice insegnante di nozioni, ma anche come un individuo dotato di autorità ed esperienza, ovvero un "maestro di vita".

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  2. E' un'impresa che a mente fredda non intraprenderesti.

    Proprio per questo sei la persona giusta.

    (Suona un po' "Ispettore Callaghan" e anche "Matrix", lo so)

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  3. Bellissimo pezzo.
    Le cose che tanto apprezzo sono la sincerità e la passione che traspaiono alla lettura.
    E assolutamente non è un pezzo "paraculo" (scusate, ma mi sembra il termine più adatto per rendere la mia idea).
    Accidenti. Avrei voglia di tornare qualche anno indietro per essere un tuo studente.

    E complimenti e in bocca al lupo per questo nuovo anno che è iniziato!

    Marco87

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  4. Sarei curioso di vederti "in azione", nel senso: capire se i tuoi alunni riescono a cogliere questa sensibilità.
    Andare oltre il professore.

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  5. Bellissima l'immagine del sapere sotto forma di polvere, che si deposita, anche a nostra insaputa. I tuoi alunni sono davvero fortunati ad averti come Insegnante, spero se ne rendano conto (se non ora, poi).

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  6. Grazie a tutti, ovviamente. Poi, a dire il vero, tutto questo accade (ed è più facile) proprio perchè sono i primi giorni. Le settimane che passano, la stanchezza che si accumula, i primi voti - anche negativi - cambiano un po' il quadro e rendono tutto molto complicato e rendono molto facili gli errori. Ne farò molti, insomma. Spero di avere anche quest'altro coraggio: di raccontarveli.

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  7. gli alunni se ne rendono conto eccome che sono fortunati sia prima che dopo...ovviamente cambiano molto le prospettive di quello che senti a lezione e quello che poi ti rimane quando sei alunno e quando nn lo sei più...
    ricordatevi xò che si chiama scorfano x' è brutto,si nasconde... è un pò sempre stanco... e poi è velenoso!!
    sempre grande xò...hihihi

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  8. Comincio a temere che dietro questo pseudonimo si nasconda qualcuno che alle mie lezioni c'è effettivamente stato, magari un po' di anni fa. In tal caso, bel giovane, comincia a non usare più quelle x, che mi viene un senso di fallimento esistenziale, altrimenti. ;)

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  9. ...e poi dicono che senza l'ipad a scuola ci si annoia

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  10. Poiché tu sei bravo a raccontarle queste cose, poiché io non lo sono, poiché mi ci riconosco, mi limito a sottolineare:
    >>una vertigine, qualcosa che adesso, se ci penso da fuori, non saprei nemmeno più rifare (e nemmeno come farla, onestamente). Ma è così, tutti i giorni o quasi, il mestiere di insegnare.
    >>come se fosse polvere che lentamente si deposita in un fondo buio e diventa terra, terreno su cui poi cresceranno loro idee, ...
    >>e diventano qualcos'altro, le loro scelte, il loro futuro, i criteri attraverso cui decideranno se una cosa è bella o no, se è intelligente o no, se è giusta oppure no.
    >> E meno male che oggi l'ho già fatto, sinceramente:.... ...No, così su due piedi, non ce lo avrei.
    E da un commento:
    >>cambiano un po' il quadro e rendono tutto molto complicato e rendono molto facili gli errori. Ne farò molti, insomma.

    Bello leggerti! :-)
    g

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  11. Ma...? Come...? E Lady Gaga?

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  12. come ci disse un nostro professore:le formule ve le dimenticherete, il modo di pensare vi rimarrà. penso che valga questo anche per le materie umanistiche. complimenti per il blog!

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  13. La bravura e la passione di un bravo prof si capisce presto, magari anche prima della fine del quinquennio (si, dai, anche prima della fine del primo anno). ;-)

    Però la nostalgia ed il ricordare anche il rimprovero con occhi di ghiaccio e parola affilata che il mio prof di filosofia e storia al mio liceo scientifico mi dedicò perchè maldestramente facevo cadere in terra per tre volte di seguito la mia matita sono altra cosa!

    Con il peso degli anni sulle spalle i nostri bravi prof li ricordiamo anche con affetto e non solo con rispetto e simpatia.

    Bravo prof, la prossima volta andrà bene altrettanto.

    Marcolino

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)