domenica 25 settembre 2011

spaventato

di lo Scorfano

Roberto è spaventato. Se io fossi un professore davvero bravo, me ne sarei accorto subito, il primo giorno che sono entrato in prima. Ma siccome Roberto è spaventato, si è nascosto bene; e siccome loro sono una prima liceo, e io non li conosco, e devo conoscerli tutti piano piano, e ho solo quattro ore di latino alla settimana (e infine siccome non sono così bravo), non posso conoscerli tutti nella prima ora di lezione. E così Roberto, che è molto spaventato, si è nascosto, ha provato a mimetizzarsi e ci è riuscito: e il suo nascondiglio ha funzionato bene per una settimana circa, perché chi è spaventato a scuola è anche l'ultimo a chiedere aiuto, sempre.

Poi, però, ho cominciato ad accorgermi di qualcosa. Scrivevo alla lavagna la prima declinazione, sabato scorso, e mi sono girato: e ho visto Roberto che guardava il quaderno del suo compagno di banco. Gli ho chiesto: «Roberto, va tutto bene?» Lui, che è molto spaventato, mi ha subito detto: «Sì, tutto bene». Poi, durante un'altra lezione, ho notato che mentre io guardavo qualcun altro lui ne approfittava per chiedere spiegazioni sempre allo stesso compagno di banco. Sono intervenuto e ho detto: «Roberto, non chiedere a lui. Chiedi a me: sono io quello che è qui apposta per rispondere ai tuoi dubbi. Quali dubbi hai?» Lui mi ha detto, con aria un po' aggressiva: «Io non ho nessun dubbio». «Sei sicuro?» gli ho chiesto io. «Sì», mi ha risposto lui.

E poi di nuovo ieri, ultima ora della settimana, quando gli ho fatto una domanda durante una lezione, Roberto ha cominciato a balbettare, a dire che però lui non aveva capito che si dovesse studiare proprio quella cosa, io ho insistito, alla fine è venuto fuori che sapeva bene quella cosa che io avevo chiesto ma che non sapeva di saperla. «Non avevo capito la domanda» si è giustificato.  
E io, da ieri, so con certezza che Roberto è arrivato in prima liceo ed è annichilito dallo spavento. E pensa che non e la farà e sarà bocciato; e pensa di non essere abbastanza bravo per farcela.

Ora, non so se vi stupirete, ma io credo di essere capace di riconoscere e affrontare una situazione del genere (vi stupite? No, non fatelo: è il mio mestiere...). So che succede, mi è già successo (ve lo avevo anche già raccontato, due anni fa), so, che se si tratta davvero solo di spavento (e se avrà voglia di studiare), Roberto ne uscirà bene: andrà in seconda e saprà un bel po' di latino. E nel frattempo avrà imparato a studiare bene e a spaventarsi un po' meno. È il mio mestiere anche questo: mica solo le declinazioni.

Quindi, per esempio, so che è molto facile che alla prima interrogazione Roberto prenda 4; e che alla prima verifica prenda 3. Di solito a quelli molto spaventati succede così. Ed è quello il momento decisivo, tra l'altro: è lì, in quell'esattissimo punto, che io devo essere bravo a dare il 4 (che lui si merita e che sa di meritarsi: se non glielo dessi, avrei perso per sempre il mio alunno Roberto), facendogli capire che quello è solo un punto di partenza. Che dopo sarà tutto in salita, ma anche i numeri saranno in salita. Che piano piano arriverà al 5 e poi al 6; e che solo un professore scemo fa la media dei voti alla fine dell'anno; perché quello che conta è quello che sai al momento giusto, non quello che forse non sapevi a gennaio. Io credo di essere capace a farlo e credo che Roberto andrà in seconda, se ho capito bene il tipo che è e quanto è spaventato; e se riuscirò a farmi capire da lui al momento giusto. E quindi vi prometto, com'è giusto, aggiornamenti, da qui alla fine dell'anno scolastico.

Ma non è questo che volevo dire, oggi, parlando di Roberto: volevo invece dire che tutto quanto (capire, riconoscere, spiegare, sapere, valutare, misurare, incoraggiare, conoscere... soprattutto capire e conoscere) è possibile, in quattro ore di lezione settimanali in cui si parte dalla prima declinazione e si arriva alla perifrastica passiva, se gli alunni che hai davanti sono una ventina, come è appunto nella mia prima di quest'anno (dove sono 23, per la precisione). Se sono 25 è più difficile; se sono 30 è quasi impossibile o comunque un caso fortuito; se sono più di 30 non so nemmeno immaginarlo.

Perché, ovviamente, non c'è solo Roberto, in prima: c'è anche Marco, che invece fa il brillante e ha solo bisogno di essere alla svelta bastonato (metaforicamente, s'intende); c'è Sara, che quando mi giro alla lavagna per scrivere, lei tira fuori lo specchietto e si controlla il trucco; c'è Paola che interviene sempre a sproposito e non è per niente spaventata, ma (io lo so, fidatevi, è il mio mestiere) farà molta più fatica di Roberto; c'è Giulio che ha bisogno di essere incoraggiato ma non vuole farlo vedere agli altri perché è già il piccolo leader dei maschi; e poi c'è Davide, che è di Palermo (già lo conoscete) e soffre di nostalgia e si vergogna un po' del suo bell'accento. E poi, appunto, c'è Roberto; e ce ne sono altri 15 tutti diversi, tutti con madri e padri che pretendono attenzioni individualizzate e incoraggiamenti al momento giusto, e prima declinazione e perifrastica passiva. Come è giusto, come anche il ministro sa che è giusto.

Ma insomma, non sono quelli bravi il problema (ce ne sono tanti, almeno metà classe): quelli se la caverebbero comunque, anche in una classe di 40 persone. Non è di loro (o di voi, che a scuola eravate molto bravi) che stiamo parlando.

Oggi stiamo parlando di Roberto, che è molto spaventato e non sa di essere bravo; anzi, che pensa di essere del tutto incapace perché altri sono senz'altro più bravi di lui. È Roberto (ed è il futuro di Roberto) quello che rischiamo di perdere per strada se mettiamo tanti ragazzi tutti insieme e non riusciamo più a curarci dei loro naturali e comprensibili spaventi di primini. È Roberto, quello meno forte, quello che se fossimo tra le bestie della giungla arriverebbe per ultimo alla carcassa della preda. Perché, se ancora non ce siamo accorti, è proprio di questo che stiamo parlando: di legge della giungla, in cui il più forte sopravvive, o di civiltà evoluta, in cui a tutti, anche ai più spaventati, viene data una possibilità. E quando (con disgustosa espressione) parliamo di «classi pollaio», stiamo, in sostanza, decidendo da quale di queste due parti vogliamo stare.

25 commenti:

  1. Io a 14 anni facevo la quarta ginnasio. Eravamo in 31 in classe. Ero spaventata dalla nostra insegnante, più che dall'idea del liceo. Solo che la nostra insegnante era terrificante. Nel senso (e questo lo so ad anni di distanza) che era vecchia. Convinta che non tutti dovessero stare tra i banchi del liceo classico. E in più aveva un problema: faceva 18 ore alla settimana. Italiano, storia, geografia, greco e latino. Vedevo solo lei. Si era accorta, che ero terrorizzata. Però si rivelò terrificante pure quando cercò di aiutarmi. Perché mi terrorizzò ancora di più. E noi eravamo 31 in classe. Sono rimasti in 17. Dall'anno dopo non ho più messo piede al liceo classico. Ho perso un anno. E alla fine è andata bene così. A parte sta cosa che mi va su e giù, del latino. Quello avrei voluto impararlo. Ma pazienza.

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  2. Cosa vuoi che gliene fregi a quelli se Roberto si perde per strada?
    Meno gente colta c'è in giro e meglio è.


    (io di Greta mi ricordavo, eh?!)

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  3. (manca una "h", ce la metti tu? Grazie!)

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  4. Sempre più d'accordo con te. Anzi, ammirata, perché saper accompagnare ciascuno, uno a uno, è quanto di più vertiginoso e meraviglioso c'è al mondo, e io devo ancora impararlo a fondo. (Che l'insegnamento poi non sia trasmissione di nozioni in ambiente asettico, e neppure cabarettismo, è una verità che va ripetuta senza sosta, e per questo ti sosterrò sempre)

    Così mi permetto di dissentire un po' sul tuo link a ritroso: più di quello su Greta, credo che questo sia meglio:
    http://scorfano.wordpress.com/2009/09/21/piccola-apologia-dellattrito/

    ;-)

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  5. quello che bisognerebbe spiegare in giro è che non è così vero che quelli bravi in una clase di 40 persone riescono lo stesso.

    cioè, ovviamente non li boccia nessuno, ma perché non devono aver diritto anche loro ad essere seguiti come dio comanda?

    poi io considero l'organizzazione attuale con il dogma della classe (attorno alla quale ruota tutto) inefficace e inefficiente. ma fino a quando sarà così le classi pollaio sono una vergogna

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  6. Solita ammirazione!
    >>solo un professore scemo fa la media dei voti alla fine dell'anno

    Pensa che c'è chi lo fa alla sc. Media [io continuo a chiamarla così, chissene...] :-(

    g

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  7. Cavolo che salto all'indietro. Mi hai fatto ricordare il mio terrore, quel primo anno, davanti a quelle materie così difficili, quella professoressa arcigna, quei ritmi di studio che sembravano usciti da Tana delle Tigri. Il 5menomeno in latino, il 4più in greco, io che ero sempre stata bambina da Distinto e a volte pure Ottimo. Solo che poi il terrore non è mai passato, anche se i voti sono diventati 6, 7, 7all'8, a volte pure 8emezzo. Ho passato cinque anni nel terrore. Giuliana, beata te che sei potuta fuggire.

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  8. Io sono fuggita per notevoli problemi di autostima. Non mi sono mai sentita beata, ma è andata così. Alla fine me la sono cavata discretamente. Latino a parte. (che poi i rimasugli di latino mi furono utili per comprendere le declinazioni in tedesco)

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  9. La scuola italiana rende stupidi gli studenti. Serve soltanto a rispondere all'immaginario balordo dei genitori e dei loro vicari (come i professori), che ancora pensano che essere adulti e colti sia sapere sempre le stesse risposte alle sempre uguali domande.

    Tanto che non parliamo neanche piu' di individui, ma di classi (che sono cosi' e cosa', piu' o meno mature, piu' o meno collaborative, ecc. -come se avessero un'identita' propria).

    Quelli piu' sensibili ne soffrono. E per "sensibile" non intendo "mollaccione", ma "percettivo e acuto", qualita' che non sono richieste dalla nostra scuola (dove basta comportarsi come il cane di Pavlov). Per questo ha anche ragione Marcocampione.

    Specifico, ma e' ovvio, che quest'intemerata non e' rivolta allo Scorfano.

    Uqbal

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  10. Mi piace questa cronaca dell'altro lato.
    variabile

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  11. "Professoressa, perché se noi diventiamo 30, per forza di cose, anche se lei ci guarda tantissimo, se siamo così tanti ci guarderà un po' meno per uno".
    Così l'Onda nel lontano 2008.
    Loro sono in quinta (e io li ho guardati tanto).
    Ma io, intanto, affogo in un mare di primini...

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  12. Anche noi eravamo in trentuno. Anche noi in quarta ginnasio con una prof. terribile. Anche noi siamo rimasti in diciassette. Ma devo dire che essere uscito da quella prova mi ha insegnato talmente tante cose, che continuo ad essere grato -- a distanza di quasi quarant'anni -- a quella prof. terribile.
    Giuliana, non e' che abbiamo fatto quarta ginnasio insieme? ;-)

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  13. @Angelo, ne dubito. Non per altro, a me è capitato 21 anni fa...

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  14. E se Roberto comunque perché, malgrado il numero, ha trovato un buon insegnante come te ed arrivasse in seconda.

    E se in seconda trovasse un altro insegnante (o più insegnanti diversi perché a volte il balletto dei precari si svolge anche più volte l'anno).

    E se in terza arrivasse un insegnante di latino che proprio di latino non conosce molto ma che doveva (perché le vie del Signore sono infinite) percepire quello stipendio.

    Capisco che l'ideale sia avere una classe numericamente adeguata ma non è meno importante secondo me la preparazione degli insegnanti e la capacità di stare in classe. E altrettanto fondamentale è la continuità didattica.

    Io come genitore preferisco una classe numerosa ad una classe con insegnanti sempre diversi e a volte incapaci di "contenere" una classe.

    http://essepunto.it/2011/09/numeri-da-circo-e-classi-pollaio/

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  15. @monica
    Forse hai ragione, forse l'altro link era ancora più pertinente. L'unica cosa su cui avrei dei dubbi è che non so fino a che punto ho imparato... ;)

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  16. @Irene
    Ecco, insomma: quello che è successo a te (e a Giuliana) sarebbe bene che accadesse il meno possibile...

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  17. @S.
    Sono due ordini di problemi diversi, naturalmente. Facile dire che l'ideale è avere classi di 20 alunni con insegnanti preparati e continuità didattica. Insomma, il post parlava di una cosa soltanto: normale che ce ne sono anche mnolte altre da tenere insieme e mettere a posto.

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  18. @scorfano: d'accordo, io però volevo dire che dovendo dare una priorità punterei prima sulla continuità e sulla qualità e poi in seguito sulla numerosità delle classi.

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  19. Io punterei soprattutto sulle ultime due: classi non numerose e insegnanti di qualità potrebbero, in effetti, ovviare anche ai traumi da discontinuità didattica.
    Però per il primo punto, le classi non numerose, basta volerlo; il secondo punto è molto più complesso e richiede molti anni prima di entrare a regime. (e richiede anche di mettersi d'accordo sull'effettivo significato di "qualità").

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  20. Un primo filtro sulla qualità potrebbe nascere direttamente all'interno della scuola.

    Se un docente di italiano si presenta di fronte ad un preside sbagliando tutti i tempi verbali (perché italianizza il proprio dialetto) è evidente che non è adatto all'insegnamento dell'italiano nella scuola dell'obbligo.

    Però all'interno degli istituti non c'è di fatto alcun organo neutrale* che possa evidenziare questo.

    * per neutrale intendo che non possa avere interessi nell'uno o nell'altra direzione e che non possa essere corrompibile.

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  21. io, per tutto il liceo, ho pensato di essere furbo. stupido ma furbo. io, per tutto il liceo, ho pensato che quello che riuscivo a ottenere lo ottenevo perché ero bravo a prendere in giro i prof, ad affabularli, a convincerli, a sistemare all'orale quello che incasinavo allo scritto. anche all'università la pensavo così, solo che studiavo di più, molto, molto di più e più studiavo, più ero preparato prima di un esame, più mi sentivo piccolo e ignorante, non importava quanti trenta e lode riuscissi a mettere in cascina. a ben guardare, sono così anche adesso, con tutta la consapevolezza degli anni ed il conforto dei risultati, continuo a pensare nel mio intimo di essere una grande truffa. avessi avuto un prof come te chi lo sa? forse oggi sarei una persona diversa.

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  22. una che sa usare la punteggiatura, per esempio.

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  23. @livefast
    In tutta onestà, l'uso della punteggiatura è una delle cose più difficili da insegnare ;)
    Però, e senza scherzi, la mia parabola scolastica è stata in tutto simile alla tua. E negli anni mi sono fatto l'idea che lo studio e la preparazione servano soprattutto a quello: a prendere atto che si è poco più di un bluff.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)