lunedì 31 ottobre 2011

il segnapagine del 31.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Alessandra Daniele, C'è posta per te: Pace fatta fra i leader europei: finalmente è stato individuato l'autentico responsabile della crisi economica mondiale, che perciò dovrà pagarne tutte le spese. Tu. No, non è il solito ''tu'' retorico, si tratta proprio di te che stai leggendo. Sei licenziato. Alza il culo, raccogli le tue cianfrusaglie, e levati dai coglioni. 
Rafeli, Cosa mi preoccupa: Si candidano per un paese che non esiste. Si candidano per il paese che vorrebbero avere attorno ma che ancora non è. Cioè loro vorrebbero candidarsi per la Svezia, ma rimanendo in Italia. Vorrebbero convincere la Svezia, e si dimenticano la Calabria.
Attualizzando la foschìa, La ricetta sbagliata: Chiedere oggi agli Stati indebitati di invertire la tendenza ad esserlo  ancora di più significa in pratica chiedere ad un'intera popolazione di schiavizzarsi volontariamente per far fronte a tale debito, senza peraltro darle la certezza di riuscirci.

la perfezione congiunta all'imperfetto

di lo Scorfano

Forse, così dicono, non esiste nemmeno più, sostituita dalle canzoni e dalle filastrocche. Ma io so bene che non è vero, anche se a volte mi è difficile dirlo. Io so che ci sono anni in cui la sua voce è flebile, poco più di un sussurro, ed è normale che sia così, è già successo molte volte, nel corso di molti secoli. Ma è comunque la sua voce, per quanto fievole. E io so che, nonostante tutto, la poesia esiste.

E che esistono i poeti e che esistono versi che, una volta letti, possono ancora tormentare una memoria, come quelli di Orazio del I secolo a.C., e quelli di Dante nel Trecento. Esistono i poeti, anche i poeti di oggi: che scrivono pagine belle, che parlano di noi e del nostro muoverci tra i giorni dell'attualità contorta e scivolosa. Ne parlano con la forza lievissima della poesia, che a volte sembra non esserci più, ma invece c'è sempre.

Non si studiano a scuola, purtroppo, i poeti contemporanei (cioè, io ci provo ogni tanto: ma il tempo è poco, i test invalsi premono, l'esame di stato pretende tutt'altro; ci provo per poche ore, sperando che a qualcuno possa servire, chissà). Non si studiano a scuola e non si vendono nelle librerie: perché nessuno la compra, la poesia.

Situazioni inverosimili

del Disagiato

Quello che accade in libreria spesso ha dell’incredibile. Io di questa straordinarietà dei fatti me ne accorgevo i primi due anni di mestiere, quando cominciai seriamente ad avere, con molta ingenuità nelle tasche, a che fare con la gente (che sono i clienti). Poi, passati più o meno i due anni, lo stupore e la sorpresa sono andati diminuendo e alle strane richieste dei clienti mi ci sono abituato, come molto probabilmente un insegnante si abitua a certi tic comportamentali dei suoi alunni o un come un medico può abituarsi alle nevrosi dei propri pazienti. Ci si abitua, insomma. Ci si anestetizza per mestiere. Parecchi mesi fa mio fratello è venuto a trovarmi in negozio e dopo aver sentito un cliente rivolgersi a me in modo per nulla urbano (senza introdurre la richiesta con un saluto o una parola di cortesia, utilizzando un paio di volte gli imperativi “prendi”, “porta”, "fai" e utilizzando le mani per dirigere i miei movimenti), ecco, vedendo questo mio fratello è rimasto a bocca aperta e mi ha detto: “Ma a quello non gli dici niente?”. “A chi?”, gli ho risposto e lui, allora, mi ha descritto la scena come io ho fatto con voi ora. Non mi ero accorto della brutalità di quel cliente. “Mi sono abituato”, ho spiegato in fine a mio fratello. Mi sono abituato perché ci si abitua a tutto. Anche alla miseria, come diceva Raymond Carver in una poesia che, chiedo scusa, non trovo più e non riesco a segnalarvi.

Da quel momento, però, ho raddrizzato un pochino la schiena e sono stato più attento a non farmi assalire degli eventi quotidiani, quelli che capitano così tante volte che poi neppure li vedi più. Da quando qualcuno ha visto quello che mi capita tutti i giorni, e soprattutto è stato capace a vedere una tra le tante storture del mio mestiere, mi sono dato coraggio. Se ora un cliente è maleducato sto in guardia, utilizzo un tono difensivo, dignitoso, oppure, come è capitato qualche settimana fa con un cliente appena uscito dalle caverne, faccio notare la mancanza di rispetto. Ecco, faccio questo perché qualcuno mi ha fatto notare che la mia dignità era brandelli, che mi stavano trattando davvero male. Insomma, mi ero abituato alla maleducazione e agli incontri brevi e incivli imposti dagli affari di negozio.

domenica 30 ottobre 2011

il segnapagine del 30.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Gennaro Carotenuto, Il treno di Matteo Renzi parte a marcia indietro: A volte la gioventù (insomma, 36 anni, mica 16…) fa perfino brutti scherzi. Ma è possibile riproporre “as is” le “tre ï”, Internet, Inglese, Impresa, senza neanche spiegare che sì, era il programma di Berlusconi del 2001, ma noi lo faremo (chissà perché), meglio?
Paolo Nori, Il biofeedback traning: Ho visto in streaming, venerdì sera, la fine della prima giornata della manifestazione messa in piedi da Renzi a Firenze alla stazione Leopolda. Io non me ne intendo, ma ci ho trovato delle cose stranissime.
Guido Rossi, La forbice sempre più esasperata: Se è indubbio che la forbice fra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri sta divaricandosi, il problema non può certo essere considerato solo in termini di prodotto interno lordo, bensì deve allargarsi sino a comprendere le conseguenze che la povertà produce sulla vita individuale delle persone
Un blasfemo, La ripresa economica: Pensare di risollevare la ripresa economica favorendo i licenziamenti ingiustificati è come dare il paese in mano ad un imprenditore miliardario con la speranza che lo governi nell’interesse di tutti.

Ciao, mi servirebbe un libro che si chiama il Vangelo

del Disagiato

“Ciao, mi servirebbe un libro che si chiama il Vangelo”.
“Intende dire il Vangelo? Il solito Vangelo?”.
“Ah, guarda, non chiedere a me che io di libri non ci capisco un tubo. Mio figlio mi ha detto di venire qua e di chiedere il Vangelo, che gli serve per la scuola. Ma per favore non fare domande a me, che io di libri non è che ne leggo tanti, anzi, è da un bel po’ di tempo che non prendo un libro in mano”.
“Guardi, noi abbiamo solo questo Vangelo che però è in una edizione un po’ costosa. Se vuole, spendendo molto meno, può prendere la Bibbia, che ovviamente contiene il Vangelo”.
“Ah, non dirmele a me queste cose, che io non ne so niente. Facciamo così, dammeli tutti e due così non sbagliamo”.
“Signora, se lei prende la Bibbia non sbaglia”.
“Dice?”.
“Sì, le consiglio di fare così”.
“Allora mi fido di lei. Io non so nulla di libri, una volta leggevo molto ma adesso lavorando ho perso il ritmo”.

la meritocrazia guardata da dietro

di lo Scorfano


Quando una parola diventa un feticcio, buono soltanto per farne un po' di retorica acchiappa-applausi, è giunto il momento di cominciare a diffidare di quella parola, chiunque sia colui che la pronuncia e di qualunque bellezza sia quella determinata parola. Non perché la parola sia in sé malvagia (tutte le parole, in sé, sono malvagie); ma perché la parola che si fa totem nasconde sempre più di quello che rivela; e quando una parola viene usata per nascondere ci si deve chiedere, inevitabilmente, che cosa nasconda dietro di sé.

La parola «meritocrazia», per esempio, è divenuta un tale feticcio, buono per ogni uso, che è ormai necessario non credere più a nessuno di quelli che la pronunciano, per definizione pregiudiziale. Anche perché, parliamoci chiaro, chi pronuncia e chi ascolta la parola «meritocrazia» lo fa perché, sotto sotto (ma forse nemmeno così sotto), pensa di avere straordinari meriti che non gli vengono riconosciuti; mentre i tali meriti vengono, secondo lui ingiustamente, riconosciuti ad altri. E pensa che non gli vengano riconosciuti perché appunto manca la meritocrazia, il potere dei meriti. Con la quale, invece (se ci fosse), lui comanderebbe e sarebbe ricco e famoso e forse dei meriti altrui tenderebbe a serenamente fregarsene.

Ma non è vero. Non è vero che tutti abbiamo meriti che non ci sono stati riconosciuti. Anzi, è molto probabile che più o meno tutti abbiamo ottenuto quello che ci meritavamo, con buona approssimazione.

sabato 29 ottobre 2011

il segnapagine del 29.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Jonkind, L'incessante autologorìo della Sinistra modernaLa Sinistra non è e non deve essere stanchezza contro il mondo moderno affascinata dai languori dei buddismi e degli islamismi ma continuo stimolo critico a come le forme di sfruttamento del capitale si riflettono su colui che lavora per esso; non è salto dalla società degli operai a quella degli intellettuali.
Cloridrato di sviluppina, L'eterna fuga: Non è la gerachia a scatenare la competizione. La competizione nasce e si sviluppa anche in sua assenza e raggiunge con facilità gli stessi toni ridicoli e drammatici. È la natura umana il problema, la qualità mediocre delle persone, il loro essere – in pochi ma determinanti casi – marce al di là del recuperabile. 
Come diventare il mio cane, La tua vita è quella lì?: Maledirti è più facile, più genuino, sincero e spontaneo. Almeno io sono una persona vera, pensano, se ho delle emozioni le esprimo. E le cose le dico fuori dai denti, se non altro non sono ipocrita, eccetera eccetera.
Personalità confusa, Dall'ontologo: In un anno impreciso nel giorno e nel mese, senza l'assistenza dii testimoni non avendone i comparenti, il mutuato si presenta allo studio dell'ontologo, medico dell'essere in quanto tale e dell'esistente. Il luminare medita.

una ragione che si chiama desiderio

di lo Scorfano

Su un preziosissimo sito che si chiama «Salute e benessere» ho trovato un sapido articolo che ha come titolo: Fare l'amore fa bene! Cinque ragioni per farlo! (I punti esclamativi sono gratis! Anche questo, si dice, contribuisce non poco alla salute!)

Ecco, io mi sono letto con attenzione tutte e cinque le ragioni per cui vale la pena di fare l'amore (1.allunga la vita; 2.migliora lo stato emotivo; 3.protegge dalle malattie; 4.mantiene il cuore in salute; 5.fa dimagrire), e non ci ho trovato l'unica per cui invece mi ostino, stupidamente, a farlo io. E quindi, mi sa, ho anche trovato il motivo del mio esistenziale malessere, credo.

Eliminare i cattivi

del Disagiato

Leggete, per favore, questa frase di Primo Levi: "P. era un vecchio scettico ed ironico, nemico di tutte le retoriche (per questo, e solo per questo, era anche antifascista)". Questa frase sta a pagina 30 della mia edizione tascabile del libro Il sistema periodico. Levi racconta del professor P., un professore che lo introdusse alla chimica. Il libro infatti parla essenzialmente di chimica come metafora e non di campi di concentramento o di sommersi e salvati. Ci sono dell’autore cose ben più importanti, lo so. Però quel che c’è dentro la parentesi a me, anni fa, piacque tanto. Dice che il professor P. era antifascista ma solo perché era contro la retorica. Non per buona disposizione d’animo, non perché era contro il male e l’ingiustizia, non perché considerasse gli esseri umani esseri da comprendere, amare e tutelare. Solo per retorica, punto. Bravissmo Levi a sottolineare questa sfumatura. Si è buoni anche solo per motivi piccoli e banali e non è detto che questo sia un bene. Perché appena viene a mancare la retorica, cosa accade? Accade, magari, che orfani della retorica ci ritroviamo ad abbracciare il male, a contemplare il male e magari anche a praticarlo o a compierlo, il male. Per delle banalità. La banalità del male, scrisse Hannah Arendt. Appunto.

E in questi giorni, mentre guardavo Gheddafi braccato e ammazzato e mentre leggevo o sentivo che è stato giusto così, che il popolo ha fatto quello che c’era da fare, ho pensato alle pagine belle e dolorose scritte da Primo Levi e a quel bel libro della Arendt. E dentro la mia testa un po’ stanca (testa pronta a pensare le cose di fretta, a fare le cose di fretta) ho anche pensato che forse, dico forse, Primo Levi e Hannah Arendt non avrebbero scritto senza il processo di Norimberga e senza il processo a Adolf Eichmann. Erano persone intelligenti, Primo Levi aveva capito tanto, tantissimo, dalla sua esperienza in un campo di concentramento però penso che senza quei processi, quella lentezza, quel porre domande agli aguzzini (molto dei quali, poi, sono stati condannati a morte) noi oggi non avremmo capito cosa è stato il nazismo e la macchina infernale che ha inghiottito un numero spropositato di ebrei, zingari, nemici politici, nemici semplici e omosessuali.

venerdì 28 ottobre 2011

il segnapagine del 28.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Alessandro Della Corte, Non restate folli: Ma è davvero nell’interesse della collettività che tutti i giovani restino folli e cerchino di sfondare con una loro idea personale? Non sarebbe forse più opportuno che il messaggio proveniente dall’élite culturale fosse quello di restare sobri e cercare un ruolo costruttivo nella società...
Jonkind, La mamma del prossimo cretino: “guardi che qui non si può parcheggiare, è pericoloso, se all’incrocio viene un’auto nell’altro senso si rischia l’incidente” “cosa?” 
Alcuni aneddoti dal mio futuro, Domanda retorica: C’è una linea sottile ma mica poi tanto che unisce i funerali di Simoncelli con la ressa in coda all’inaugurazione dell’ennesimo megastore di elettronica. Siamo solo noi e le moto accese in chiesa con il tutti contro tutti per gli smartphone in offerta speciale.

Ci sono cose più importanti

del Disagiato

Io vado in libreria per la pagnotta, prima di tutto, e poi per una piccolissima passione che con gli anni, e anche con l'esperienza, va assottigliandosi. Questa cosa della passione e del piacere di stare in mezzo ai libri è cosa che non dico ad alta voce perché poi la gente conosce i miei punti deboli e se ne approfitta. Regola numero uno: mai dire ad alta voce ciò che per noi è intimo, che poi la gente tocca con il ditino la parte esposta e vulnerabile e finisce che si soffre. Come quell’iscrizione nelle catacombe di Commodilla: non dicere ille secrita a bboce, non dire le segrete a voce alta, ma quasi in silenzio, piano, solo per se stessi, per la propria interiorità e basta.

Quindi questa cosa della passione per i libri fate finta di non averla neppure sentita e se vi dico che ad alcuni clienti che da molti anni entrano in libreria mi ci sono un pochino affezionato vedete, questa cosa, di farvela entrare da un orecchio e uscire dall’altro. Come non vi avessi detto nulla, per l’amor di dio, come se ve l’avessi detta a bassa voce, a me stesso. Quandi non fatelo sapere in giro che per me i clienti sono materia importante di questa catena di montaggio che è la mia vita, perché se la gente viene a saperlo, si fa strane idee. 

quel po' di inutile gloria (Purg. XI)

di lo Scorfano

«Ed ecco qui un'altra forma di superbia punita, che forse ci sorprenderà...»


Sto facendo lezione in quarta, sto leggendo uno dei canti più belli del Purgatorio e cercando di far passare l'idea che quello che qui si scrive e dice vale ancora oggi, forse ancora di più oggi che settecento anni fa. Sto facendo lezione sul canto XI del Purgatorio e sulla questione della fama che viene dall'eccellenza artistica e so che questo è un momento importante, so che devo tirare fuori tutta la forza che ho, anche se è lunedì, e sono le 9 del mattino, e anche se ho dormito male, tutta la notte.

Sto leggendo, in quarta, il canto in cui Dante incontra i superbi, che schiacciati sotto un masso enorme percorrono la loro cornice attorno al monte del purgatorio in mezzo all'oceano, per secoli, con la faccia rivolta costantemente verso terra, a espiare in evidente contrappasso la loro colpa di arroganza e presunzione. E a un certo punto leggo una terzina, quella in cui è il personaggio Dante che parla, quasi d'improvviso:
«Oh!», diss' io lui, «non se' tu Oderisi,
   l'onor d'Agobbio e l'onor di quell' arte
   ch'alluminar chiamata è in Parisi?».
E quindi mi fermo, e chiedo ai ragazzi: «Cos'è successo?»

giovedì 27 ottobre 2011

il segnapagine del 27.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

DIS.AMB.IGUANDO, "Il Pd che sogna" Renzi sembra una parodia di Veltroni: Ieri Matteo Renzi ha mandato una newsletter e pubblicato sul suo sito un testo per spiegare l’evento del Big Bang, che si terrà da domani a domenica, alla Stazione Leopolda a Firenze. Le analogie con la retorica di Walter Veltroni (e meno male che voleva «rottamarlo») sono talmente forti, che il testo sembra quasi la parodia di un discorso di Veltroni.
Squonk, (Dis)occupatila destra americana li chiama anarchici, e forse è vero perché non si vedono segni di rifiuto del governo inteso come istituzione, ma piuttosto la convinzione che sia possibile autogovernarsi perché il popolo è più saggio dei suoi rappresentanti. Ed è questo che non cessa di lasciarmi perplesso, questa fiducia nella gente in quanto tale, nella famosa intelligenza collettiva, come se uno più uno facesse davvero tre e non, come tanto spesso capita, due meno qualcosa.
Massimo Gramellini, Camera bassa: Franano pezzi di Liguria e di Toscana, trascinandosi un fardello pesante di morti. L’Italia si gioca quel che resta della sua faccia (forse solo il cerone) con una lettera d’intenti all'Unione Europea. Fini ricorda a Ballarò che la moglie di Bossi riceve la pensione dall’età di 39 anni. Secondo voi quale di queste tre notizie ha catalizzato ieri l’interesse dei nostri deputati?
Corriere della Sera, Apre il centro commerciale, si blocca tutta Roma Nord: Traffico fermo nel quadrante Nordest di Roma: in migliaia arrivati nel megastore per usufruire degli sconti. In campo 250 vigili, vetrine sfondate.

quella terra di limoni

di lo Scorfano

Il mio primo incarico annuale come insegnante di lettere lo ebbi nel 1994, in una scuola privata. Ero entusiasta e cieco e molto giovane. Mi affidarono una seconda liceo e io, poverini, li martirizzai con una specie di interminabile corso monografico sulla poesia di Montale, che era (e resta) una delle mie grandi passioni inutili.

Poi, in primavera, li caricai tutti su un pullman e li portai alle Cinque Terre, a vedere i luoghi montaliani letti nelle poesie. Quando fummo a Vernazza, dopo aver percorso il sentiero che arrivava da Monterosso al Mare, li radunai su un piccolo spiazzo a picco sul mare e lessi loro, commentandole, alcune poesie di Ossi di seppia, quelle che appunto parlano di mare. Loro tacevano, forse perplessi forse attenti, non lo so più. Dalla finestra di una casa rossa si affacciò una signora, una donna che avrà avuto sessant'anni, e si mise ad ascoltare la mia lezione. Io la vidi, mi imbarazzai, ma feci finta di niente: e portai a termine la mia lettura.

Alla fine, la signora applaudì forte dalla finestra, suscitando l'ilarità di tutta quella povera classe. E dopo quella donna ligure mi chiamò, da casa sua, e mi disse: «Professore, venga un attimo qui, per favore».

Che bello se anche i librai

del Disagiato

Qualche giorno fa sono entrato in una libreria che non è la libreria nella quale lavoro io. Ero in città e ho pensato di provare a vedere come si sta in casa d’altri. Sono entrato e dopo una ventina di minuti ho capito che non solo la mia libreria non mi dà più emozioni ma anche tutte le altre librerie. Rispetto a circa cinque anni fa non ho più la curiosità di vedere cosa c’è di nuovo, non sento più il buon odore della stampa, me ne frego della bellezza delle copertine (le copertine sono studiate per vendere e non per stupire) e me ne frego dei titoli (i titoli sono studiati per ruffianarsi il cliente e non per sottolineare un concetto).

Ho fatto bene, però, ad entrare per un solo motivo e cioè per notare come anche i commessi di quella libreria fossero parecchio sbrigativi e maleducati. “Scusi, dove posso trovare i libri gialli?”, ha chiesto un cliente e il commesso ha risposto nervosamente: “Dove c’è scritto libri Gialli, là in fondo”. Stessa risposta che avrei dato io. Cos’altro avrebbe dovuto fare il libraio? Magari essere più gentile? Magari accompagnare il cliente nel reparto interessato e magari dare un consiglio? Qualche cliente, nella libreria dove lavoro io, lo pretende. Molti clienti, a dire la verità, spesso desiderano essere seguiti da librai esperti, pronti a rispondere ad ogni domanda e a consigliare il libro giusto per il momento giusto. Ma questo capita raramente e solo in un mondo perfetto o in una società organizzata diversamente potrebbe accadere sempre.

mercoledì 26 ottobre 2011

il segnapagine del 26.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Valerio Massacci, La generazione degli anti-eroi: Siamo senza presente, spesso senza lavoro, senza contratti, senza diritti, senza garanzie, siamo quelli che non avranno una casa di proprietà, che non avranno dei figli e una famiglia, speriamo di poter abbandonare la barca un minuto prima che affondi: gli aspiranti migranti senza risparmi, i camerieri laureati di questa società.
Jonkind, Se Atene piange...: L’economia finanziaria globale è una concatenazione di gangli altamente sensibili, che difficilmente resistono alla caduta dell’elemento più prossimo.
Rangle, Il vestito della festa: Chi è anziano e meridionale come me si ricorda di quando ci si preparava per uscire la domenica mattina, si indossava il vestito buono per sfilare eleganti e pettinati per le vie principali del borgo.
La versione di Chamberlain, Amici di penna: Santa Lucia, Babbo Natale, Gesù Bambino, la Befana, sono stati entità immaginarie che nella nostra infanzia hanno rappresentato la speranza di una (accresciuta) felicità, e a cui ci hanno indotti/costretti a credere. Entità a cui aspettavamo di poter scrivere per soddisfare qualunque nostra richiesta.
Andrea Cortellessa, Il culto per Fabrizio De André nell'Italia contemporanea: Quello per De André è un po’ un unicum, perché mentre le passioni sanguinose sono in genere ultraminoritarie, da happy (very) few, la Deandrelatria – nei dodici anni che ci separano dalla sua morte prematura – più che trasversale è stata pervasiva, ubiquitaria. Quasi totalitaria.

una faccia una razza

di lo Scorfano

La riconoscete la faccia che c'è qui sopra? Sì, è ovvio, la riconoscete. E quanti anni avete in questo momento, mentre la riconoscete? Direi più o meno trent'anni. Oppure quaranta, o anche cinquanta o sessanta, in qualche caso. Venticinque anni, se va di lusso; venti, ma è un'evenienza molto rara; sotto i vent'anni, ma soltanto se quello di oggi  è un mezzo miracolo.

Ma insomma, a prescindere dall'età, voi riconoscete quella faccia lì, quella che sta lì sopra. E ci mancherebbe ancora. Perché quella faccia lì è al centro di tutti pensieri politici della nazione (e ultimamente parecchio al centro di tutte le nostre preoccupazioni) da oltre 17 anni. Che sono tanti, tantissimi, troppi. Che sono una vita giovane, appunto: una di quelle che di qui passano di rado, ma che a scuola io frequento normalmente. Per dire: i miei alunni di prima, quest'anno, sono nati nel 1997 (ma un paio anche nel 1998).

martedì 25 ottobre 2011

il segnapagine del 25.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Taccuino22, La congettura di Babbo Natale: La compagna di banco di mia figlia, E., qualche settimana fa ha cominciato a sollevare dei dubbi, ha individuato alcuni elementi che si scontrano con la congettura di Babbo Natale. Secondo lei è difficile portare in una sola notte regali a tutti i bimbi del mondo, i bimbi sono davvero tanti. E poi...
L'albero di maggio, L'uovo e la gallina: Alla base del concetto di prestito a interesse, che insieme al commercio è in fondo il motore dell'economia mondiale, è il semplice fatto che molto spesso una gallina domani non vale un uovo oggi. 
Metilparaben, Ci rubano il tempo, e ce lo fanno pagare: Mi pare un'ottima metafora del tempo in cui viviamo: oltre a farci spendere il doppio ci raccontano che ci stanno facendo risparmiare tempo, mentre in realtà quel tempo ce lo rubano. Lo sottraggono a noi stessi, quel tempo, alle piccole cose che potremmo fare con gioia...
Malvino, «Un Pd dove ci si appassiona e ci si diverte»: Solida vaghezza, fumoso manifesto, tutto però confezionato in morbida velina. Una cover di Veltroni, il Pippo. D’altra parte, è già pronta la cover del cinico D’Alema, il Renzi.

le risate di oggi

di lo Scorfano

I ragazzi di quarta ridono molto. Cioè, forse è un periodo, una fase della loro esistenza, non so: comunque ridono sempre. Se io faccio una battuta loro ridono molto e poi ne fanno altre tre o quattro; se io invece non faccio una battuta e spiego seriamente, loro si fanno una battuta tra di loro (oppure una faccia scema, o anche niente: basta pochissimo a volte) e ridono lo stesso. Ecco, magari a volte esagerano un po' (anche un bel po'...). Però preferisco comunque questo loro ridere e intervenire a quelli che invece non ridono mai, non rispondono mai, non intervengono mai. A volte questi ragazzi di quarta esagerano, ma quelle volte io sopporto, oppure intimo loro di smettere, loro smettono per una buona mezz'ora e tutto sommato la questione finisce lì.

Poi, mi è già successo un paio di volte quest'anno, parlo loro del futuro e dell'università. E loro, in quelle occasioni, smettono del tutto di ridere: cioè non ride proprio più nessuno, anche per un'ora intera. 

Tutti al museo

del Disagiato

Da qualche anno Brescia è un po’ più famosa o nota per via di una serie di mostre importanti che attirano gente da fuori, come diciamo noi che a Brescia ci viviamo. “C’è turismo a Brescia?”, potreste chiedere al mio vicino di casa e lui vi risponderebbe che “da quando il Museo di Santa Giulia sta organizzando mostre di pittori famosi c’è un sacco di gente che viene da fuori”. Ecco, vi risponderebbe così il mio vicino di casa. E se lo domandaste a me vi risponderei la stessa cosa. Recentemente il museo ha esposto i quadri di Matisse. Invece in passato ha preparato le sale del museo per i quadri di Van Gogh, Monet e Turner, attirando così un sacco di gente da fuori: ad esempio da Bergamo, da Venezia, da Milano, da Varese, da Torino e da Lecce. Sì, anche da Lecce. Un giorno un amico di mio fratello ha telefonato da Lecce, dove vive, e ha detto: “Visto che vengo a vedere la mostra di Van Gogh ne approfitto per venirti a trovare”. E mio fratello, naturalmente, si è offeso perché avrebbe voluto sentirsi dire il contrario. Ma questa è un’altra storia.

Però non vengono solo da fuori gli appassionati di arte, ma anche da dentro. A un certo punto, a Brescia, tutti sono diventati appassionatissimi di arte, incredibilmente curiosi del tratteggio e delle pennellate. Il museo Santa Giulia ospita i quadri di Van Gogh? Bene, andiamo tutti a vedere i quadri di Van Gogh. Ci sono da vedere gli incredibili paesaggi di Turner? Tutti in coda per vedere i paesaggi di Turner. Se in questo momento state notando una punta di sarcasmo, o ironia, non state sbagliando. Il fatto è che i bresciani che conosco non hanno mai visto il resto. Non hanno mai apprezzato l’architettura romanica del Duomo Vecchio (neppure io l’ho mai apprezzata però con coerenza non mi sono precipitato ad apprezzare i lavori ad olio di Turner), non sanno cosa sia la Pinacoteca Tosio Martinengo, la chiesa San Faustino in Riposo, il Capitolium e tante altri edifici religiosi e civili e musei, e fortificazioni e strade e muretti e fontane. Non lo sanno per un semplicissimo motivo: non interessa. Che mi pare un buon motivo, anche se contestabile, per non conoscere ciò che ci sta sotto il naso.

lunedì 24 ottobre 2011

il segnapagine del 24.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Fabristol, Una morte triste per una credenza ancor più triste: Al contrario di quanto riportano i giornali non si può morire di omeopatia. l’acqua infatti non ha mai fatto male a nessuno. Invece si può morire di stupidità, quello sì. Dare una tisana al finocchietto (questa non è omeopatia ma l’omeopatia c’entra, leggete dopo) a un bambino di 4 anni con una gastroenterite è un crimine.
Crescere creativamente, Sogni e mestieri rischiosi: continuo a credere forse erroneamente che alla scuola spetta riequilibrare con le parole della serenità, per quel che si può, tante delle inutili parole che vengono dal vociare televisivo.
Piovono rane, Dopo tutto quello che ci hanno fregato: Due ragazzi poco più che maggiorenni, a spasso per i fatti loro, sono passati per piazza Maggiore, hanno messo il naso nel tendone di Civati e Serracchiani, hanno visto lo scatolone per il fund raising all’ingresso e hanno commentato: «Oh, vogliono pure dei soldi, dopo tutto quello che ci hanno fregato».

Rosa

del Disagiato

Non mi ricordo se ve l’ho già detto ma io quasi una decina di anni fa ho fatto il servizio civile presso un istituto che accoglieva malati terminali di Aids. Dovevo partire per la Sardegna con la mia ragazza quando mi arrivò la cartolina delle Suore Ancelle della Carità che mi diceva di presentarmi il tal giorno alle ore dieci del mattino. Niente Sardegna, quindi. Insomma, mi proposero questo istituto, dandomi la possibilità di rifiutare e di scegliere altra destinazione. Quando la suora pronunciò le parole “sieropositivi” e “Aids” mi iririgidii, non lo nego, ma decisi ugualmente di fare quello che mi avevano proposto di fare. Perché? Prima di tutto perché la struttura era vicino a casa mia e seconda cosa perché mi sembrava una cosa bella e utile. Visto che avevo deciso di non fare la guerra, mi sembrava assurdo non spendere il mio tempo (tempo rubato e pagato pochissimo) in modo intelligente. Bello, utile e intelligente non sono termini adatti ma in quei momenti, quando sta a te decidere come passare i prossimi dieci mesi stretto dalla constrizione, lo diventano, adatti. Servono per fare la scelta più sensata.

Insomma, entrai nell’istituto toccando ogni cosa e ogni persona con la punta delle dita, imparai a distribuire colazioni, pranzi, cene e sigarette e più che altro imparai a stare con tossicodipendenti, ladri, prostitute e finti onesti. Che non è facile, ve lo assicuro. Gli ammalati, questo imparai, non sono tutti uguali: ci sono quelli che dicono le bugie e ci sono quelli che vorrebbero dirle ma non le dicono, ci sono quelli che restituiscono la refurtiva (pacchetti di sigarette e soldi) e quelli che non la restituiscono, ci sono quelli che nascondono il vino sotto il letto e ci sono quelli che vorrebbero nasconderlo ma non lo fanno. Questo fu il mio servizio civile. Qualcuno morì durante quei mesi e qualcuno, invece, riacquistò l’indipendenza e la (fragilissima) salute. I vivi, lì dentro, erano esseri umani che camminavano su una corda sospesa. Tutti quanti. Feci amicizia con un paio di ragazzi che però mi tradirono, litigai con la suora responsabile, un prete mi prese in simpatia e di Rosa quasi mi innamorai. 

daniele, che è scappato via

di lo Scorfano

Il sondaggio sulla discriminazione omofoba nelle scuole, pubblicato da vari siti in questi ultimi giorni, non dice nulla di nuovo. O meglio: non dice niente che una persona minimamente attenta che viva in una scuola non potesse già sapere per conto suo. La discriminazione omofoba, nelle scuole, esiste. A volte è feroce, altre volte silenziosamente strisciante, ma esiste. I ragazzi che si scoprono omosessuali in questi anni delicati temono il giudizio dei compagni e tacciono. E tacendo ovviamente soffrono. E poi, siccome soffrono, studiano poco e male e i prof li sgridano. E i prof non sanno quanto loro, in realtà, stiano soffrendo.

E invece no, i prof lo sanno fin troppo bene: solo che non sanno esattamente chi, perché nessun ragazzo lo dice. Oppure provano a indovinare, a volte ci azzeccano (magari ci azzeccano spesso) ma questo non basta né a risolvere il problema né a renderlo meno doloroso. Il prof, cioè io in questo caso, si guarda intorno, nelle sue classi, e si immagina benissimo che il tale o il tal altro stiano soffrendo per questo determinato motivo; il prof parla con le madri e i padri di quelli che immagina che; ma da loro non ottiene nulla: non sanno nulla, non dicono nulla. Il prof resta zitto, allora; e il ragazzo resta solo.  

domenica 23 ottobre 2011

il segnapagine del 23.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Paola de Jesus, La rata della mala urbanistica: E’ arrivata la rata in scadenza da pagare, quello della mala urbanistica degli ultimi 20 anni. L’ha pagata l’Infernetto, un quartiere residenziale di 1.000 ettari della Capitale d’Italia, con la morte in un seminterrato di un giovane uomo di 32 anni (pare che sia importante dire che era cingalese).  
Slumberland, "Per errore": "Sono nata per errore; e un errore è stato anche il matrimonio dei miei genitori". Altri dettagli, lucidi, spietati, coerenti seguono quella che si rivela una descrizione tutto sommato non enfatica.
Diciottobrumaio, La crescita dell'esproprio: La tenia, vale a dire il verme solitario. Mangi sempre di più per nutrire il parassita che ti divora dall’interno. La ormai ossessiva parola “crescita” è come l’azione della tenia. Viviamo in un sistema finito, non illimitato. Chi ha detto che non può esserci sviluppo senza “crescita”?
Leonardo, Berlusconi e il dono del cervo: Quando il suo capitolo sarà finalmente finito, avremo a disposizione infinite etichette per lui: lo chiameremo corruttore e forse ladro. Arriveremo a dire che fu un capitano d'industria senza scrupoli, ma sarà solo una metafora: non era un capitano vero, e scrupoli ne aveva, anche per i suoi nemici.

fatti

di lo Scorfano

Concediamo subito a Danilo Masotti l'onore della grande onestà intellettuale: perché lui stesso dice di stare scrivendo senza compenso, e quindi non c'è nulla da smascherare e nessun segreto da rivelare. Resta però, a me, il sapore agrodolce di una realtà curiosa e incomprensibile, quando leggo le ultime righe del suo post, dal titolo: «Lavorare gratis? No, grazie. Indignamoci», pubblicato per il sito del Fatto Quotidiano:
No, no, no… il lavoro va pagato cari miei, come si faceva una volta in cui gli unici privilegiati a lavorare gratis erano i praticanti avvocati, non scherziamo. Eppure ogni giorno migliaia di giovani vengono fregati così, con il lavoro gratis che chiamano steig (“Si perché è un’opportunità” dicono) supportato da genitori consenzienti che possono continuare a far finta di niente e affermare in società di non avere un figlio disoccupato. Male, malissimo!
Io credo che dovremo cominciare a reagire partendo da qui e interrompere al più presto questo circolo vizioso. Dobbiamo educare le nuove generazioni a dire NO a qualsiasi lavoro gratuito gli venga proposto, dobbiamo far capire ai genitori che è meglio accettare di avere un figlio disoccupato che un figlio che lavora mesi a gratis per qualche furbo che lo sfrutta.  

I padri di destra e i padri di sinistra

del Disagiato

Succede che in questi ultimi anni o mesi entrino in negozio vecchi compagni di scuola con la moglie e il passeggino. Hanno facce stanche ma felici, camminano lentamente e spesso, anche d'inverno, hanno un cono gelato in mano. “Come va?”, chiedo dando un’affettuosa pacca sulla spalla, e loro alzano la testa, fanno un versetto strozzato e con la coda dell’occhio mi indicano la creatura che sta dormendo sotto le copertine, al riparo, davanti a loro. Io allora chiedo come si chiama, mi congratulo, sbircio, dico che è bellissimo o bellissima e poi mi impapino un po’, incespico nelle parole e aspetto che dica qualcosa l’amico che sta lì, in libreria con me dopo tanto tempo. Ma cala il silenzio, sempre, per qualche attimo lungo lungo che non finisce mai. Insomma, tiriamo le somme in questo modo: lui un figlio e io la libreria. Quello, come dire, è una sorta di capolinea. “Dai, ci si vede”, ci diciamo. E prima di separarci dico “Spetta un attimo” e vado nel reparto Puericultura, prendo un libro che in questi anni in negozio ho letto a pezzetti e che si intitola La guida del giovane papà, lo incarto e poi vado dalla giovane coppia con figlio con un “Se non vi offendete questo è un regalino da parte mia. Può servire”. Mi dicono grazie non dovevi e alla prossima. 

Anche se non sono sposato, anche se non ho figli, anche se non ho la minima idea di cosa voglia dire avere un figlio, questo libro mi diverte. La prima cosa che si incontra è un’introduzione di Alessandro Baricco che secondo me non è bella ma però è bella. Insomma, è l’unica pagina di Baricco che mi ha fatto muovere un muscolo della faccia, come capita quando si guarda un bel film o si legge un bel libro (o il Brescia pareggia all’ottantanovesimo). Eccone un brano:

sabato 22 ottobre 2011

il segnapagine del 22.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Fabristol, Il teatro delle merde: Ho cercato di immedesimarmi in Berlusconi che fino a qualche mese fa lo considerava amico fraterno; in Frattini che lo definiva “modello di democrazia per il mondo arabo”; nelle gheddafine che per una manciata di euro si facevano bella mostra nelle sue tende di fronte a lui e si convertivano all’Islam
La vita è sogno, Solo un corpo, solo un uomo: Ma quello che non posso fare a meno di vedere, in ogni ragazzo che gioisce puntando alla testa di un cadavere una pistola d'oro, è l'illusione che il problema davvero sia tutto lì. In quell'uomo, che ora è solo un corpo sanguinante. Come se la dittatura di Gheddafi fosse racchiusa in quelle membra inerti.
Scripta manent, Dichiarati incompatibili gli incarichi di sindaco e parlamentare: Finalmente una buona notizia in questa povera Italia, nella quale a chi ha, viene dato ancora di più, e a chi non ha, viene tolto anche quello che ha.
Suzukimaruti, Coraggio, fatti menare: L’assalto al cantiere è un motivo perfetto e incontestabile per caricare un corteo e arrestare chi danneggia le reti (con tutti gli odiosi eccessi polizieschi che ben conosciamo, motivo per cui i capetti dei centri sociali resteranno impuniti e ben lontani dai guai e finiranno in mezzo i più fessi, magari gente al primo sampietrino).

L'immagine di chi sanguina

del Disagiato

In queste ore a me non da fastidio l’esposizione della morte dell’ex leader libico ma invece come questa esposizione è avvenuta in maniera fulminea e violenta. Insomma, la cosa sbagliata non sta nel cosa ma nel come. Guardare o poter guardare gli ultimi istanti di vita di un essere umano braccato e sanguinante non per forza è atto cinico o sbagliato ma guardarlo poco prima che sulla pagina online del Corriere cada sullo schermo una pubblicità di un’automobile sì. La stessa cosa, ad esempio, vale per Studio Aperto: questo telegiornale ha mandato in onda il video della sanguinosa cattura di Gheddafi prima e dopo servizi di poco conto, nei quali si parlava di donne svestite o di gaffe politiche. Si sa, la televisione (come il cinema alto e basso), ha imparato ad essere ruffiano per mezzo del montaggio. Il montaggio cinematografico secondo il mio Zanichelli è operazione consistente nel tagliare e giuntare fra di loro, nell’ordine artisticamente più idoneo, i pezzi di pellicola che devono comporre il film. Posso ripeterlo? "Nell’ordine artisticamente più idoneo". Qui stiamo tenendo nell’obiettivo il cinema ma la televisione fa la stessa cosa e i giornali pure (le reti televisive berlusconiane è da una quindicina di anni che ci stanno fregando con questo "giuntare"). Insomma, giusto capire cosa è accaduto in Libia, giusto sostenere, come fa Bordone, che quello che stiamo guardando in queste ore "sono una notizia e documento storico". Giusto, giustissimo. Però, ripeto, non è il cosa ma il come. Non è il contenuto quello che fa una buona cronaca ma la forma, anzi, la forma con il contenuto.

Io poi ho questa fissa del consumismo che mi fa sudare da quanto sono ragazzino. Quello che sembra a me è che l’esposizione mediatica della morte di Gheddafi sia un buon modo per farci consumare, per attiraci nella rete buttata in mare all'alba. La finalità dei media italiani non è quella di mostrare la morte e la caduta di uomo per farci meditare, considerare, pesare ma per avvicinarci a ciò che di più becero c’è dentro la tv e nei telegiornali. Ho la sensazione di esagerare ma tendo a non fidarmi, a chiudermi in me stesso, a insistere a pensare che siamo pescetti intrappolati e nervosi. Gheddafi che muore è ancora una volta la trappola.

la prof non è contenta

di lo Scorfano

 
L'anno scorso la mia collega Erminia continuava a parlarmi della sua seconda. Mi diceva: «Guarda, l'unica cosa per cui riesco a ancora venire a scuola con un po' di entusiasmo sono i ragazzi di quella seconda lì... Davvero, non hai idea di quanto siano in gamba: educati, attenti, gentili, piacevoli e studiosi. Mi mancheranno tanto, l'anno prossimo, quando non li vedrò più». Io la ascoltavo e un po' ero invidioso (le mie classi del biennio mettevano ansia, l'anno scorso), ma un po' ero anche felice per lei, che è una collega preparatissima e attentissima, di cui ho grande stima e che si merita, secondo me, un po' di soddisfazione. Ma ero anche parecchio curioso, perché non conoscevo affatto quella meravigliosa seconda liceo.

Poi, una mattina, mi sono trovato a supplire un collega ammalato: e ho letto sul foglio minaccioso delle supplenze, affisso ogni mattina all'entrata della scuola, il mio nome (segue imprecazione) accanto all'indicazione di quella classe seconda (improvviso attenuarsi delle maledizioni). Nella sfortuna, ho pensato, mi era andata bene: almeno avrei conosciuto i ragazzi di quella splendida seconda. 

venerdì 21 ottobre 2011

il segnapagine del 21.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Un tal Lucas, Sballottamenti storici: Nutrirsi dei corpi altrui e dire di stare facendo la rivoluzione è un falso, dato che è sempre una perenne ripetizione di ciò che accadde la prima volta, quando i primati fecero cerchio e si avventarono contro il colpevole.
Paolo Nori, Anarchici e maggiordomi: Ho l’impressione che quando si comincia, sopra ai giornali, a parlare di anarchici, vuol dire che c’è qualcuno da arrestare. Salvo il fatto che poi, quando c’è da andare in tribunale, gli anarchici, in tribunale, o perché nel frattempo son morti, o perché si è scoperto che non c’entravano niente, a me sembra che gli anarchici dopo alla fine non li condannano mai.
A little less conversation, Questa cosa del sangue: Mi stupisce sempre la gente che in tv e sui giornali si abbevera di fiumi di sangue, di morti ammazzati veri e finti, di cadaveri realmente massacrati e di quelli impiastricciati di colorante rosso, di schizzi che imbrattano i muri, di scie sul pavimento, di esplosioni di teste...
Uraniblog, La fine di tutte le diete: Dimagrire non è questione di contenuto, ma di contenitore. Siete composti per 2/3 d’acqua, l’acqua si adatta al contenitore: la dieta definitiva consiste nel cambiare il contenitore, cioè i vestiti.

respiri lenti (e profondissima quiete)

di lo Scorfano

Entro in prima e c'è una faccia nuova: nessuno mi ha nemmeno avvertito, nessuno (lo scopro dopo) ha avvertito nessuno dei miei colleghi, tutti siamo entrati nella solita aula, con la solita classe, e ce lo siamo trovato davanti, come fosse piovuto da chissà quale luogo dello spazio scolastico interstellare. Ma la faccia nuova non è solo una faccia, ovviamente: è tutto un corpo, un ragazzo nuovo che sembra molto più grande degli altri (ma scoprirò dopo che non lo è), stravaccato sulla sedia come se fosse la poltrona di casa sua, con una penna in bocca come fosse uno stuzzicadenti.

Mi siedo anch'io alla cattedra, ma compostamente, come si conviene al mio più prestigioso ruolo, e poi gli chiedo chi sia, come si chiami, da dove venga. Lui mi dice chi è, come si chiama e che viene dall'istituto tecnico. E io allora gli domando: «E come mai hai deciso di cambiare e di venire al liceo scientifico?» Lui mi risponde, senza mai togliersi la penna a mo' di stuzzicadenti dalla bocca: «Ho deciso di cambiare perché là c'erano troppe materie, e io gioco a calcio e non ho molto tempo per studiare così tante materie».

Io rimango zitto, muto. Respiro un attimo, poi lo invito a togliersi la penna dalla bocca e a sedersi come se fosse se quella su cui è seduto fosse una sedia, come in effetti è. E poi, con moltissima calma, gli dico: «Ma lo sai che hai scelto una scuola più impegnativa, vero?»

In bianco e nero

del Disagiato

Non ricordo che testo di storia fosse, ma ricordo che era un libro usato, comprato al Libraccio di Corso Magenta, a Brescia, e ricordo che appena uscito dalla libreria, trafelato per la lunghissima coda, lo aprii e vidi la fotografia in bianco e nero di Gheddafi assieme a Nasser, se non sbaglio, o forse a un presidente del Brasile o della Cina. Insomma, questo è solo un ricordo e non un resoconto o un preciso appunto storico, solo un ricordo smussato e alterato dal tempo, vivacizzato ora dalla morte brutalmente esposta dell’ex leader libico. Avete presente che certi libri, per colpa di una brossura difettosa o di una piega forzata, si aprono sempre molto facilmente a una stessa pagina? Ecco, quel libro ogni volta che lo si prendeva in mano si apriva facilmente lì, proprio dove stava la fotografia di un Gheddafi giovane, fiero e sorridente. Me lo ricordo anche perché allora, dovevo essere in quarta o quinta superiore, tenevo un po’ per lui e quelli come lui e cioè i personaggi che si aggiravano sopra quella fascia economicogeografica chiamata dall’economista Alfred Sauvy "terzo mondo". Vado bene così? Sto dicendo le cose esatte? La memoria inganna, i ricordi si gonfiano come legno morso dall’umidità e quindi fermatemi se vi sembra che stia dicendo baggianate. Adesso, poco prima di schiacciare i tasti che stanno davanti a me, ammetto di aver dato una sbirciatina a wikipedia per non andare troppo fuori strada, però giuro che mi sto affidando al ricordo di quel testo scolastico sgualcito, con una frase stupidina di un'innamorata in prima pagina.

Insomma, mi sembrava giusto, allora, non essere né filoamericano (che schifo il capitalismo e il consumismo e la globalizzazione) né comunista (non ricordo perché non volessi essere comunista, lo giuro) e quindi a me e agli altri due che mi accompagnavano per il corridoio della scuola piacevano le facce di questi leader dei paesi non allineati, che non volevano stare né di qua né di là. Ci sembrava, appunto, una buona alternativa. E Gheddafi stava su quella pagina che raccontava di paesi non allineati, della rivoluzione libica appoggiata dai nasseriani, dell'importante presa di posizione nei confronti dell’America, della Francia e della Russia. Un paragrafo, in basso a destra, era dedicato a Tito (ricordo la faccia di Tito, pure quella in bianco e nero, sbiadita e sgranata), uno dei fondatori del “Movimento dei paesi non allineati” e ricordo che sulla pagina erano state messe cifre e parole pesanti, che poi erano i numeri dei morti e la quantità dei danni. 

giovedì 20 ottobre 2011

il segnapagine del 20.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Phastidio, Il patto di stupidità: Il punto è quello: ci sono comuni che hanno un attivo di gestione, ma non possono spenderlo, perché i loro attivi concorrono al saldo nazionale di finanza pubblica.
Notiziole di .mau., Quando si inizia in farsa...: Cosa può succedere però quando la storia inizia già sotto forma di farsa, come nel caso dei ministeri (o dipartimenti? o uffici di rappresentanza? Io mica sono riuscito mai a capirlo) legaioli alla Villa Reale di Monza?
Giuseppe Liberti, I neutrini della discordia: I neutrini hanno insomma una fenomenologia complessa e sono sempre stati causa di grandi polemiche sin dalla loro predizione, nel 1930, dovuta a Wolfgang Pauli. L'esperimento del Cern e dei Laboratori del Gran Sasso ha aggiunto un tassello a questa discussione...
Annarellix, Non capisco ma mi adeguo (o del decreto sviluppo): Ora io sarò tarda ed è tardi, non capisco come faccia a funzionare questa cosa considerato che in Italia esiste una cosa che si chiama “digital divide”.
Se non ho un pc dovrò andare dal vicino e, al posto del classico “prestami il sale”, dirgli “prestami internet”?

C'è una cosa da aggiustare

del Disagiato

Lo so che non è interessante come discorso, ma due settimane fa, a casa mia, si è rotto lo sciacquone del water. Capita anche ai migliori, cosa volete farci. Insomma, la cassetta che contiene l'acqua non si riempie del tutto per colpa della guarnizione spostata o rovinata. Un rivolo d'acqua se ne esce da questa guarnizione, il galleggiante non arriva al punto giusto e il rubinetto non arresta il getto. Non so se mi sono spiegato. Cosa ho fatto? Ho infilato un braccio nel muro (la cassetta è nel muro dietro il water) e con immane fatica e grattandomi l'avambraccio ho provato a spostare la guarnizione, a centrarla, a calibrarla, a posizionarla. Ma niente. Da lì continua a passare acqua e il galleggiante non riesce a dare ordini al rubinetto, che insiste con il suo getto. Basta, di più non sono riuscito a fare. Sono un pigro e lo sconforto mi assale facilmente.

Cosa ho fatto dopo questi tentativi? Ho preso le pagine gialle e ho cercato un idraulico del mio paese. Di idraulici ce ne sono cinque. Ho chiamato il primo idraulico, ma il primo idraulico non risponde (mai, neppure se chiamo adesso risponde), il secondo ha una segreteria telefonica perenne, il terzo mi dice che è troppo occupato per venire da me ("occupato per un bel pezzo", mi ha risposto quando gli ho chiesto per quanto), il quarto non risponde (neppure se lo chiamo adesso) e il quinto mi ha detto " non se ne parla neppure, ho da fare", e mi ha messo giù il telefono. Cosa ho fatto, allora? Ho provato con il paese vicino al mio, anzi, con i due paesi accanto al mio. In uno c'è un solo idraulico e nell'altro due. Ho chiamato, ho illustrato la faccenda e tutti e tre mi hanno detto di essere troppo occupati.

le lacrime sulla verifica

di lo Scorfano

 
Le due ragazzine sedute al primo banco sono in un bagno di lacrime. Una delle due piange così tanto, anche se in silenzio, che le lacrime le colano giù dalle guance e cadono sul foglio della verifica di latino. Appena se ne accorge, si asciuga con un fazzoletto.

Io sto consegnando le verifiche corrette agli altri, quelli che ancora sono in attesa. Dentro di me penso che tutto è andato molto bene: ventuno verifiche svolte, quattordici sufficienze, di cui sei sopra il 7. È difficile, in prima, alla primissima verifica di latino, chiedere di più. Ma naturalmente è un «andare bene» che non può bastare e che non consola affatto le due ragazzine del primo banco, dritte davanti a me, che piangono perché hanno preso 3.

Quando ho finito di consegnare tutte le verifiche, dopo che ho visto allargarsi i sorrisi di ragazzi e ragazze che non si aspettavano un così bel voto, dopo che mi sono sentito anche felice a chiamare quelli che hanno preso 7 o 8 o anche 9 (solo una ragazza, ma va benissimo così), a quel punto guardo le due tredicenni sedute di fronte a me e provo a spiegarmi: «Non è una sentenza il vostro 3, ragazze: non è quello».

Loro si fermano ad ascoltarmi.  

mercoledì 19 ottobre 2011

il segnapagine del 19.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Francesco Costa, L'intervento prioritario contro la crisi: C’entra soprattutto, secondo me, una generale e antica superficialità dell’elettorato, distratto da molte concretissime preoccupazioni ma per niente interessato a capire le ragioni di quelle molte concretissime preoccupazioni.
Fabristol, L'inedito estintore: Maroni parla di una “inedita forma di terrorismo urbano”. Inedita forma di terrorismo urbano. Tente a mente questa frase. Fa parte di quelle frasi che verranno usate in futuro continuamente.
Minima & Moralia, Un'intervista ad Andrea Zanzotto: Io personalmente sento la poesia come prospettiva rastrellante che porta in un punto di fuga; qualcosa che spiazza il senso dell’ovvio, del banale e di tutto ciò che è comune. Un punto in più. Il riscatto sulle cose da parte di questa passione per la forma che armonizza al di là delle eventualità note.

e chiamiamole «competenze»

di lo Scorfano

Il nuovo sottosegretario all'Istruzione pubblica, nominato pochi giorni fa da Berlusconi in segno di ringraziamento per la fiducia ottenuta in Parlamento, si chiama Giuseppe Galati: sarà a lui, con tutta probabilità, che il ministro Gelmini affiderà la delega per l'università e l'istruzione superiore, rimasta vacante. L'onorevole Galati ha un curriculum davvero degno di nota. Sul suo sito, tra molte altre cose, ho trovato che:
Nell’aprile del 1996 viene eletto alla Camera dei Deputati e caratterizza da subito la sua attività parlamentare rendendosi promotore di progetti di legge soprattutto nel settore dei Lavori Pubblici.
Rieletto nel maggio del 2001 alla Camera dei Deputati in Calabria, viene nominato Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle Attività Produttive nel II e III Governo Berlusconi, assumendo le deleghe per le Agevolazioni alle Imprese, il Controllo sugli Enti Cooperativi e la Gestione dei Servizi Interni. 

La gente comune

del Disagiato

Da quando è accaduto quello che è accaduto a Roma sono stato in libreria a lavorare per ben tre volte. Nel valzer quotidiano dei nostri turni lavorativi ho incontrato tutti i miei colleghi e ho incontrato nello stesso ballo quotidiano commessi e commesse, conoscenti, clienti e gente di passaggio che in questi anni mi hanno fatto inconsapevolmente compagnia. In tutte queste ore passate nel centro commerciale con tutte queste persone non ho mai parlato dei ragazzi che hanno lanciato pietre, della manifestazione pacifica, dei motivi della manifestazione (di questo se ne è parlato pochissimo anche da altre parti, a dire il vero), delle reazioni politiche e di tutto il resto. Abbiamo parlato di altro, come è giusto che accada in un posto in cui ci si incontra per lavorare e mettersi in tasca i soldi per l’affitto. Però, se proprio devo fare il precisino, con una mia collega ho parlato dello scadente palinsesto televisivo della Rai, della cattiva gestione del nostro tempo libero (“dormo troppo, dormo troppo”, mi ha detto una mia collega) e poi abbiamo parlato anche del video porno di Belen Rodriguez. Ecco, sì, abbiamo parlato di cose che non hanno un peso notevole nell’economia della giornata e mai, dico mai, abbiamo sfiorato l’argomento di Roma.

Perché mai avremmo dovuto farlo? Avremmo dovuto farlo perché quello che è accaduto a Roma sono cose che ci riguardano. Vi sembra banale? A me no. Invece di questo argomento me ne sono occupato solo sopra una tastiera, davanti a uno schermo, con gente che neanche conosco. Allora mi viene da pensare che l’angolino in cui mi sono rifugiato sia un po’ arido, povero di idee. Possibile che tra librai e non solo non si sia mai discusso di gente che lancia sassi? Possibile che non si riesca a fare politica spicciola anche solo per tre secondi consecutivi? Perché mi sono ritrovato a parlare di programmi televisivi e non della manifestazione?

martedì 18 ottobre 2011

il segnapagine del 18.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Il grande marziano, Se la protesta è contro se stessi: Ma quanti di coloro che erano in corteo sabato erano consapevoli che stavano di fatto protestando contro se stessi? Perché protestavano contro un modo di intendere la società che è anche il loro modo di essere società, e forse persino di volere la società.
Come diventare il mio cane, Voyager: Io la fila per il libro di F. Volo non la faccio, e mi basta. E, giusto per dire, non farei la fila neanche per D. Barthelme, se fosse vivo, né per D. W., se fosse vivo, né per... che ne so, qualsiasi altro talento letterario (o di qualsivoglia genere), vivo o morto o lì lì per.
Leonardo, Il santo patrono del Post: Di tutti gli autori del Nuovo Testamento, Luca è quello che più può rassomigliare a un moderno giornalista. Benché la sua inchiesta su Gesù sia probabilmente la meno lacunosa, Luca è l’unico evangelista ad ammettere di avere lavorato su fonti già scritte...
E io che mi pensavo, Semplice come l'acqua: Ero lì al supermercato e guardavo la gente che comprava l’acqua, nelle bottiglie di plastica, monouso: che spreco, mi dicevo, imbottigliare l’acqua dentro delle bottiglie di plastica, trasportarle lontano, ché magari la sorgente è in un’altra regione o magari in un altro stato, poi buttare via le bottiglie di plastica.

requiescat in pace

di lo Scorfano

Oggi è morto l'ultimo dei poeti "contemporanei" che io ho amato da ragazzo, quando avevo diciotto anni e ho scelto la strada della poesia. Era Andrea Zanzotto, era la metà degli anni Ottanta, erano versi ruvidi e raggomitolati, che mi tormentavano la memoria quando, così giovane, passeggiavo per le strade della mia città ligure, Savona. Dopo il taglio di pagina, per chi ne ha voglia, due delle poesie di Zanzotto che ho amato di più. In memoriam.

Come i giornali che non (ci) piacciono

del Disagiato
Durante la mattinata di domenica 16 ottobre un'ascoltatrice ha telefonato in diretta a Radio Padania parlando della manifestazione del giorno prima a Roma e dicendo: «Si ha paura che ci scappa il morto? Io questo non lo capisco, non ce ne frega niente che scappa il morto». Il conduttore di turno, Alfredo Lissoni, gli ha risposto con nuncuranza: «Lei ha ragione».
Domenica Daniele Sensi, insieme a Gilioli e ad altri blogger, ha chiesto al ministro Maroni di dissociarsi da quanto detto dal conduttore. Quel “Lei ha ragione”, insomma, non doveva esserci e magari la signora al telefono non doveva dire quello che ha detto. Ieri l’Unità online ne ha parlato (anche in prima pagina) in un articolo intitolato Radio padania: “Rischio morto? Chi se ne frega”. Bene. Io con la signora che ha telefonato in studio non ci berrei neanche una cocacola, perché immagino (immagino) i suoi pregiudizi, perché immagino (immagino) i discorsi razzisti che una persona così può fare e perché, insomma, immagino il partito detestabile per cui vota. Però la mia impressione è che quanto detto dall’ascoltatrice sia solo una fesseria da autobus da contestualizzare, così come quel “Lei ha ragione”, sia solo un modo molto stupido e superficiale per chiudere una telefonata del genere. Niente di più. Se all’interno della Lega c’è razzismo (e ce n’è molto, moltissimo), non è di questo tipo. Se Maroni deve dissociarsi veda di farlo invece ogni volta che Umberto Bossi o Calderoli muovono la bocca.

L’episodio è discutibile, secondo me. Voi ora potete dimostrarmi il contrario e io insisterò a non vederci nelle parole dell’ascoltatrice e del conduttore nulla di così scandaloso. Mi innervosisce molto, invece, il titolo sensazionalistico dell’Unità e quel “La rete insorge” che ieri si trovava sull’homepage del giornale. Perché se fossero Feltri o Fede, se a comportarsi così fossero quelli che non ci piacciono, staremmo qui a fare le pulci, a indicare con il dito i giornalisti cattivi e fascisti.

un po' di schiuma

di lo Scorfano
Sabato mattina, prima che ci fosse la manifestazione a Roma e le relative non imprevedibili violenze e le polemiche del dopo e i distinguo e i però insomma, sabato mattina è successa una cosa anche nella mia scuola, che forse, paradossalmente, ha anche a che fare con quello che è poi successo a Roma nel pomeriggio. Sabato mattina, nella mia scuola, c'erano le elezioni degli studenti rappresentanti di classe e di istituto.

Io mi sono trovato in prima e quindi ho dovuto spiegare ai ragazzini appena arrivati al liceo il senso delle elezioni, cosa deve fare un rappresentante di classe e tutta un'altra serie di cose che i primini non potevano sapere. Loro sono stati entusiasti: si sono candidati tutti e quelli che non sono stati eletti ci sono rimasti molto male. Ne ho dovuto consolare qualcuno, che aveva preso la sconfitta come un fatto personale, un attestato di disistima da parte dei compagni di classe. Ho detto loro che avranno altri quattro anni per rifarsi e che si rifaranno.

Poi sono andato in quarta, all'ultima ora.

lunedì 17 ottobre 2011

il segnapagine del 17.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

Nipresa, Davvero buffo: Certo che dev’essere davvero buffo da spiegare a uno straniero che il ministro dell’interno che condanna duramente gli scontri di Roma fa parte di un partito il cui leader evoca lo spettro dell’insurrezione armata ogni volta che deve tirare un po’ su di morale i suoi.
Freddy Nietzsche, Sorridete: Uccidete le manifestazioni, il ricordo di Genova, l’orgoglio del corteo; uccidete Pasolini, Valle Giulia, le mani alzate, i megafoni, la parola “provocazione”; uccidete le protezioni, l’antagonismo, la guerra bella anche se fa male, la controcultura. Fate fuori tutto. Sorridete. Non urlate nei microfoni.
Rangle, Il voto: La prima volta che andai a votare, tanto tempo fa, aspettando di entrare nel seggio, mi fermai a parlare con un carabiniere. A dire il vero fu il carabiniere che si mise a parlare, che io ero concentrato su quello che dovevo fare, e mi chiese cosa avrei votato...

cani e porci

di lo Scorfano

Incontro una mia amica ungherese, che da diversi anni vive in Italia. Mi racconta che sta portando il suo cane (mitissimo) in un centro di addestramento, affinché impari qualcosa, anche solo a raccogliere il bastone lanciato dalla padrona in un prato della Franciacorta. Mi dice che ci sono molti cani di tutte le razze. E poi sorride.

E mi racconta che, in particolare, in mezzo a molti altri cani, c'è un piccolo cane molto peloso, che nessuno sopporta. Perché il cagnetto peloso salta addosso a tutte le altre cagnette del centro di addestramento per accoppiarsi con loro. E non solo: salta addosso anche a tutti i cani maschi del centro, con il medesimo intento di ingropparseli tutti. E poi sorride ancora, la mia amica ungherese, e mi dice che ormai gli addestratori chiamano quel piccolo cagnetto peloso e ingroppatore, normalmente, davanti a tutti, «Berlusconi».

Davanti a una birra, di sera

del Disagiato

Un paio di sere fa io e Marco ci siamo incontrati al solito posto per una birra e un panino. Andiamo sempre lì, in quel locale, perché la musica non è di quella che io sento tutti i giorni nel centro commerciale, perché la birra è buona e perché i panini, giganteschi, sono secondo noi tra i più buoni della città. Insomma, è un posto che ci mette a nostro agio. Così ci siamo seduti, abbiamo bevuto una birra, abbiamo mangiato e poi abbiamo preso un’altra birra. Marco parla molto, a differenza di me, e così mi ha raccontato del suo viaggio in Spagna, della sua moto comprata da poco e degli amici in comune che io, per vari motivi, ho perso di vista e lui no. C’è quello che si è sposato, mi dice Marco, c’è quello che tra poco si sposa, c’è quello che ora ha un bambino, c’è quello che si è trasferito a Pisa per lavoro, c’è chi non è cambiato per niente (allora qui io e Marco ci facciamo una bella risata) e poi c’è chi...c’è chi “io non riesco più a starci assieme perché quando si esce tirano di coca e a me questo non piace”, mi dice lui nervoso. Così, per amichevole complicità e per sottolineare, come ha fatto Marco, che non devono essere belle serate quelle passate con persone che utilizzano cocaina, faccio la faccia altrettanto nervosa. Allora, dopo la confidenza, guardiamo le altre persone sedute ai tavoli vicini e poi le nostre birre. Io aspetto anche che Marco dica qualcosa, che risalga, almeno lui, da un brutto silenzio in cui siamo sprofondati in pochi secondi

“Io non capisco”, mi dice lui, “Non capisco come è possibile crescere nello stesso quartiere, utilizzare lo stesso pallone e poi prendere strade diverse. Non riesco proprio a capirlo”. A questo punto a me viene in mente una cosa ben più inquietante, che con la cocaina non c'entra, ma che voglio assolutamente dire a Marco. “Devo confessarti una cosa ma, per favore, che rimanga tra noi. Ti ricordi di Riccardo? Ecco, Riccardo, qualche mese fa, mi ha confidato di essere andato con un travestito”. E Marco spalanca gli occhi e deglutisce e io mi butto a capofitto nel silenzio e lo guardo. “Come sarebbe a dire?”, mi chiede lui tanto per scansare una cosa che non so se era imbarazzo o che altro. “Sarebbe a dire che Riccardo ha pagato un travestito, punto e basta”, rispondo cercando di rendere la cosa il più normale possibile. 

domenica 16 ottobre 2011

il segnapagine del 16.X.2011

dello Scorfano e del Disagiato

A little less conversation, Siamo contro la violenza, va bene: Magari sbaglierò, ma non riesco a non pensare che una protesta debba dare FASTIDIO. Debba disturbare, deve mettere in difficoltà qualcuno, debba essere in qualche modo un problema.
Malvino, Lo spontaneismo è sempre controproducente: la protesta è sempre legittima, è sempre un diritto, talvolta è addirittura un dovere. Il fatto è che in sé ha sempre il germe della violenza, anche quando riesce a rimanere pacifica, che senza dubbio può essere preferibile, spesso conveniente, e tuttavia non sempre riesce ad essere possibile...
Yellow letters, La virgola di troppo: La virgola di troppo sembra una cosa che ha a che fare con la punteggiatura, e in un certo senso è anche una questione di punteggiatura, o di fiato, perché la virgola di troppo la si può anche dire e le virgole, quando si parla, si dicono con un respiro breve.
Giorgio Israel, L'invito al confromismo...: Tutta la parte pedagogica è un trionfo del politicamente corretto, del costruttivismo più conformista, della pretesa che i presidi siano cloni che pensano tutti allo stesso modo, conoscono le stesse teorie e aderiscono alle verità ministeriali.

il nome dei nemici

di lo Scorfano

Ho quarant'anni abbondanti e sono un insegnante. Quando ne avevo venti ed ero uno studente, negli anni Ottanta, ho partecipato ad alcune manifestazioni contro qualcosa che ora non mi ricordo più che cosa fosse. Poi, a un certo punto, ho smesso. Avevo molto da studiare, avevo una laurea da prendere, un mestiere da conquistare; e l'inizio degli anni Novanta non era un periodo molto fertile di prospettive. «C'è la crisi», si diceva allora, come si dice adesso.

Negli anni, e con fatica, ho conquistato il mio mestiere; ne ho conquistati più di uno, a dire la verità. Non sono più andato a nessuna manifestazione: e quando c'era da protestare lo facevo in casa mia con i miei amici, oppure al bar, sempre con i miei tre o quattro amici. Poi tornavo a casa, a dormire, nel mio letto. Nel frattempo, grazie al mio lavoro e al mio impegno, mi sono comprato una casa. E anche un paio di automobili, e dei libri e dei vestiti. E, ultimamente, una televisione a schermo piatto, un pc nuovo e potente, e anche uno smartphone, per essere sempre connesso. 

una sfiga seria

di lo Scorfano


Ci sono ragazzi silenziosi, in ogni classe. Sono persone forse timide, forse semplicemente un po’ riservate, nel loro stare in mezzo agli altri. I più sono anche studiosi: li chiami e sono preparati; svolgono test e verifiche con ordine, alcuni in modo eccellente, altri semplicemente in modo sufficiente. Fanno sempre i compiti. E se per caso, un giorno, non li hanno potuti fare, te lo dicono con grande ansia malcelata, aspettando che tu li punisca in modo definitivo e perentorio.

È difficile che questi ragazzi siano persone brillanti; è anche molto difficile che lo diventino. Non intervengono mai durante le lezioni e le discussioni, non sono capaci di fare la battuta giusta al momento giusto, non sanno nemmeno fare un po’ di polemica, neppure quando avrebbero ragione e potrebbe loro convenire; non sono mai vestiti troppo alla moda, non godono di nessun successo presso i loro coetanei, in particolare presso i coetanei dell’altro sesso.