venerdì 30 marzo 2012

fede e speranze

di lo Scorfano


E io già lo sospetto che penserete, leggendo, che sto deliberatamente esagerando; e me lo tengo, il mio sospetto, ma non riesco a non scrivere quello che mi è venuto in mente ieri, mentre tornavo a casa da scuola. E cioè che questo licenziamento di Emilio Fede, così improvviso e inatteso, tanto serale e anche un po' irreale, sia in realtà un segno: e che come tutti i segni debba essere interpretato. Che non sia cioè solo un licenziamento, ma che racconti anche di qualcos'altro, di una storia che davvero (chi ci poteva credere?) si è conclusa.

D'altronde quasi tutti ci ricordiamo che quella storia iniziò allo stesso modo, tanti anni fa: e che ci fu anche allora un direttore di giornale che se ne andò, proprio come l'altroieri se ne è andato (è stato «rimosso») il direttore di cui parliamo adesso.
Era Indro Montanelli, quel direttore di tanti anni fa, e lo avevamo odiato in tanti, quasi tutti, per così tanti anni, prima di quel gesto. Poi ci fu quel gesto e forse capimmo qualcosa. Oppure no, non capimmo nulla: solo che avevamo, noi e l'antipatico Indro , un nemico in comune e quindi si poteva finalmente fare anche finta di andare d'accordo, dopo tanti anni, noi e quell'uomo così profondamente e insopportabilmente di destra (chissà quanto gli piacerebbero oggi i tecnici, all'antipatico Indro, eh?).


Una fine quindi, quella dell'altra sera, perfettamente simmetrica a quel lontano inizio. E con il grande capo che nel frattempo era allo stadio a guardare una partita di calcio del suo Milan: anche questo è un bel segno. L'intrattenimento, lo sport, il calcio, che in troppe occasioni è stato pure lui un veicolo sottovalutato della propaganda del potere mediatico berlusconiano. Eccolo lì, il Milan: che pareggia facendo un bel po' di catenaccio (si può dire, vero? non è che siete diventati talmente ciechi da non voler neppure più vedere, vero?); il Milan che fu di Sacchi e degli olandesi, il Milan che dava lezioni di calcio all'Europa, chiuso nella sua metà del campo che, complice il terreno impraticabile, difendeva lo zero a zero; e il fedele Emilio che veniva intanto «rimosso» (con la complicità del Fedele Confalonieri, chissà). Ma sì, sono tutti segni.

Segni di un impero che prima che politico è stato sempre mediatico. E che sul controllo dei media (e sul possesso di tre canali televisivi: tre) ha costruito tutto il resto, tutto quello che è venuto negli ultimi diciotto anni. Lui aveva le televisioni (lui le ha ancora, a dire il vero): noi abbiamo fatto finta per troppo tempo di dimenticarcene, o che non contasse poi molto, e invece contava eccome: contava tantissimo, conta. Tanto che Montanelli se ne andò, per non servire, mentre lui, il fedele Emilio, rimase. Ed era anche juventino, il pover'uomo: ma quando il potere chiama qualunque altra fedeltà si spezza, anche quella che dicono essere l'unica che un uomo non potrà mai nella sua vita mutare: ed Emilio Fede mutò pure fede, e fu milanista, addirittura.

Ecco perché a me pare che l'altra sera tutto si sia silenziosamente consumato, con questa rimozione di Fede che sembra davvero l'ultimo atto di una storia lunghissima; talmente lunga che ci è sembrata, certe volte, disperatamente interminabile. E invece no. Invece è finita come era cominciata: con un direttore di giornale (o telegiornale) che se ne va, con una uomo che si concede o non si concede al potere, con una squadra di calcio che dà o prende lezioni dall'Europa.

Emilio Fede non dirigerà più il telegiornale di Rete4, è questa la formidabile notizia: al suo posto ci sarà il direttore di Studio Aperto, che non so e non ho nemmeno voglia di andare a cercare come si chiama. Perché chissenefrega di come si chiama; perché Emilio Fede era Emilio Fede e adesso tutto è cambiato. Forse sarà anche peggio, forse sarà ancora più inguardabile. Io non lo so, francamente, perché non ho mai guardato nessuno dei due; e non li guarderò nemmeno stasera o domani né mai. Io mi limito a leggere segni, per come riesco: e questa volta mi pare che il segno sia quello, chiaro come mai lo avevo visto prima. Ed è il segno di una storia di potere mediatico e politico che sta definitivamente tramontando. (Si spera.)

11 commenti:

  1. D'accordo su quasi tutto, solo su un punto dissento. Io non ho mai odiato Montanelli, io adoravo Montanelli, giornalista e scrittore. Montanelli e la sua Storia d'Italia. Montanelli e il suo spirito toscano; Montanelli e la forza con cui esprimeva le sue idee, anche se non erano sempre le mie. Montanelli che definì B. il più grande venditore di pentole dei nostri anni. E molti italiani, per anni, hanno comprato le sue pentole...

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    1. Eh, io invece lo odiavo profondamente. Era la "destra", quella che da ragazzo sentivo come il "nemico". Non sapevo cosa mi aspettava... ;)

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  2. Strano, tu di solito così gioiosamente pessimista, qui sembri dare speranza al mondo intero. Si spostano pedine, si consumano vendette e rancori, ma non cambia assolutamente nulla. I tg di Silvio non cambieranno di una virgola e nemmeno le logiche che stanno dietro alla scelta dei nuovi direttori.

    Cambiò qualcosa invece nel 1994: Indro, per quanto di destra e antipatico, si dimise con la schiena diritta e rese palese la commistione fra potere (politico) e informazione. Ma ormai la cosa è talmente "normale" che ricordarla al massimo si ha come reazione "embe'?"

    ilcomizietto

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    1. Non sono ottimista. Diciamo che ho l'impressione che tutto un periodo di certa sfacciata propaganda sia finito. Certo, non so bene cosa stia per iniziare...

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  3. Non capisco cosa sia finito. Non mi sembra sia finito nulla. Più semplicemente è iniziata una evoluzione del modello noto il cui esito mi sembra sia ancora indecifrabile.
    Il monopolio mediatico nel corso degli ultimi 18 anni è diventato anche economico (assicurazioni, editoria, banche, edilizia, distribuzione, ...). Il segno più inquietante è che se si volesse attuare l'arma del boicottaggio non si saprebbe da dove iniziare.
    La vicenda di Fede, più che richiamarmi Montanelli, mi sgomenta per un presente in cui una persona di 81 anni sia in quella posizione. Una società di 60 milioni di persone non è in grado di esprimere nessuna alternativa.

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  4. "Ideo si e vita excedis alius tyrannus fortasse peior quam tu in locum tuum succedet; cotidie igitur deos pro te oro, quia quartum tyrannum valde timeo"

    (Chiaramente tutto a memoria, eh)

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  5. Fede è il servilismo portato alle estreme conseguenze, non ha capito che anche dei servi ci si stanca, l'ultima mattana lo ha affossato definitivamente, non ne sentiremo la mancanza, di servi in mediaset ce ne sono ancora molti

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  6. Il Fede era ormai diventato una macchietta seguito da uno sparuto drappello di rintronati. Quelli di Mediaset sanno cosa fanno. Sarebbe curioso sapere cosa eventualmente ha risposto il Berlusca alla telefonata del licenziato.

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  7. Fede e speranza: sono due. Le virtù teologali sono tre. E infatti fra un po' toccherà dire: fate la carità...

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  8. scorfano di nome e di fatto

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)