lunedì 12 marzo 2012

La condizione umana

del Disagiato

Marzia è la collega con la quale vado più d’accordo. Certo, ogni tanto anche lei dà di quelle risposte che verrebbe voglia di chiarire un attimo le cose ma io, che ho guardato parecchie partite di calcio, ho capito benissimo che la sua si chiama “foga agonistica”. E poi, per colpa della gente maleducata e dei libri stupidi da mettere sullo scaffale, pure io ogni tanto sono troppo nervoso per non sbroccare e consegnare al pubblico e ai colleghi cattive risposte. Però Marzia, non contando questi rari momenti di nervosismo, è gentile, disponibile, lucida, pacata e riflessiva. Se un cliente la raggiunge e le parla con prepotenza, lei sorride a se stessa e poi mette avanti la gentilezza e l’autocontrollo. Ad esempio, se un cliente va da lei e le dice “Ehi tu, dimmi subito dove si trova l’ultimo libro di Gramellini”, lei si ferma, fissa il cliente per un secondo o due e poi dice una cosa che io non sono mai riuscito a dire in questi casi: “Vado subito a prenderlo”. Ecco, Marzia è così: pacata. Non come me o l’altra mia collega Alessandra che andiamo subito fuori strada.

Poi lei, Marzia, è molto gentile anche con noi e questo è quello che conta. Avete mai avuto colleghi stronzi che vi rendono la vita un inferno? Ecco, avere una collega così gentile ti fa venir voglia di andare in libreria e vendere libri e parlare con i clienti e allestire una vetrina. Tanto gli angoli spigolosi della fatica verranno smussati dall’assenza di tensioni e discussioni. Una gentilezza, la sua, mai ostentata e mai esibita, una gentilezza che nulla vuole in cambio e soprattutto, ecco il capolavoro, una gentilezza democratica e cioè visibile sia ai colleghi (a parte i rari momenti di cui vi parlavo prima e che capitano a tutti) sia ai superiori.


In questi ultimi giorni, però, la situazione sta prendendo una piega diversa e vi spiego quello che secondo me è il perché. Marzia per il momento l’ha detta solo a me questa cosa: vuole aprire una libreria tutta sua. In città. Con il bar dentro e i libri usati che costano poco. Avrebbe anche già trovato il posto se non fosse che i proprietari non si decidono ad abbassare l’affitto. E poi Marzia ha anche già in mente quali scaffali mettere nella parete di destra del locale e quali scaffali nella parete di sinistra e poi il tipo di bancone da utilizzare come cassa e punto informazione e l’angolo da destinare ai libri a poco prezzo e tante altre cose che rendono il suo progetto più che un progetto. “Bello, no?”, mi ha detto. “Bellissimo”, ho detto io.

Questa cosa me l’ha confidata un paio di settimane fa e più il tempo passa e più Marzia si sente proprietaria di una libreria con bar e libri usati. Non fosse per l’affitto da abbassare e poi per la banca che vuole delle garanzie e i fornitori che necessitano di un po’ di soldi suoi da tenere lì a far nulla, di riserva, in caso le cose dovessero andare male. E lei, Marzia, mi racconta queste cose tutta eccitata, sfogliando cataloghi di mobili. E io, sia chiaro, sto dalla sua parte, che se qui, in questo centro commerciale, le cose dovessero andar male, ci sarebbe sempre la libreria di Marzia, con il bar e i libri usati che costano poco. In città.

Il fatto è che Marzia nonostante sia ancora qui con me e non in città ha cominciato a ficcare i suoi occhi dentro le cose del mondo in modo diverso, con una disciplina rinnovata, una rigidità del tutto nuova. E poi ha cominciato a dire a me e alla mia collega: “Dobbiamo darci una mossa altrimenti le cose si mettono male”. Darci una mossa. Altrimenti le cose si mettono male. L’altro ieri ho sentito Marzia dire ad Alessandra: “Vammi a prendere l’ultimo libro di Gramellini che quel signore sta aspettando”. Vammi. Avete capito? Vammi a prendere.

Marzia non l’ha ancora detto alla nostra responsabile che lei presto aprirà una libreria con il bar e i libri usati. Tempo al tempo. Prima c’è bisogno di una certezza e poi se ne parla. Intanto siamo ancora tutti qui a pigliare stipendio allo stesso modo. Ognuno con i suoi progetti e vie di fuga. Io da un po’ di tempo ho un piccolo tic al labbro che consiste nel mordermi il labbro superiore con l’incisivo. Alessandra continua a cambiarsi il colore dei capelli. Marzia, che fino a qualche settimana fa era così gentile, ha preso a dare ordini. La sua faccia è cambiata, anche.

Vammi, prendi, darci una mossa, dobbiamo, corri, metti, inserisci, che non capiti più. “Sta arrivando la primavera”, ho detto a Marzia l’altro giorno mordendomi il labbro. Ma Marzia non ha detto nulla, ha continuato a guardare un libro di Interior Design, con faccia seria, concentrata. Poi a un certo punto qualcuno ha detto “Ciao”. Era Alessandra che entrava in negozio per cominciare il suo turno di lavoro, con i capelli di un colore diverso e io mi sono morso il labbro per sentire il dolore delle cose e Marzia sfogliava.

7 commenti:

  1. Ma tu hai già raccontato a Marzia di quella tua amica che ha aperto un bar con libreria e stava sempre a servire i clienti, che peraltro non erano minimamente interessati ai libri?

    A parte questo, mi sa che Marzia è inquieta, perché un suo sogno è diventato un progetto e questa fase è molto delicata, perché a concretizzare un sogno si ha paura di sbagliare e sprecarlo.

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  2. "mi sono morso il labbro per sentire il dolore delle cose"
    Pure io ho spesso reazioni psico-somatiche, metto il corpo a disposizione dei malumori come prova tangibile di qualcosa che non và.

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  3. io ho lavorato per 4/5 anni con una collega - per me - insopportabile, una di quelle da vammi e prendi per intendersi, è stato un periodo durissimo. Preferisco di gran lunga svolgere un'attività insopportabile e relazionarmi con colleghi adeguati.

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  4. Intuisco per grandi linee l'associazione di idee che mi ha portato a pensare, leggendo la tua descrizione delle cose nella libreria dove tu lavori, al brano di Rino Gaetano "Berta filava".

    Sarà forse per la ripetizione ciclica dei mordicchiamenti del labbro superiore con gli incisivi? Sarà per la ripetizione dei capelli di colore diverso?

    http://www.youtube.com/watch?v=aycwxHB5d6I

    Chissà.

    Una associazione di pensieri che mi fa anche ricordare il bel film giapponese "Okuribito", in inglese tradotto con il titolo "Departures". Caro Disagiato, avendo letto del tuo debole (non solo tuo) per le pellicole orientali te lo raccomando, a me è piaciuto molto molto.

    http://www.newemotion.it/entertainment.php3?ProdID=601
    http://www.imdb.com/title/tt1069238/
    http://www.youtube.com/watch?v=joLk0z53rfQ&feature=related

    La magia tutta orientale dei gesti lenti e posati, ripetuti anche loro fino a raggiungere la perfezione nella loro esecuzione: vuoi che siano i movimenti per officiare ed onorare la cerimonia del té vuoi che siano i movimenti per vestire e truccare al meglio i cari defunti.

    Marco

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  5. Il Disagiato non vi risponde perché è partito per una breve (quanto indispensabile) vacanza. Ve lo dico affinché non scambiate il suo silenzio per una scortesia che, come ben sapete, non gli appartiene.

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  6. Buone vacanze a lui, che possa rientrare pimpante e di buon umore.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)