mercoledì 4 dicembre 2013

Di là

del Disagiato

Sono andato a vedere se per caso sul sito di Sinistra Ecologia Libertà le riflessioni circa la cultura, l’editoria e i libri – argomenti che mi piacciono e che ritengo importanti per tutti noi - sono mutate rispetto a qualche mese fa. Non è cambiato niente, il programma è sempre lo stesso, il libro è ancora accostato alla parola libertà: 

Ispirandoci ad uno speciale esperimento avviato in alcune prigioni del Brasile dalla presidente Dilma Rousseff, proponiamo una legge che perfezioni l’equivalenza universale tra i libri e la libertà. La proposta consiste nel ridurre di quattro giorni la pena per ogni libro letto dai detenuti per un massimo di 48 ogni anno. Ogni detenuto potrà leggere un libro al mese di letteratura, filosofia o scienza e farne una relazione scritta per dimostrare di averlo compreso. In Italia sono allestite 153 biblioteche su 206 istituti di pena nei quali abitano 68mila detenuti. Sarebbe una straordinaria novità se, anche in Italia, l’opportunità di leggere si trasformasse in redenzione attraverso la lettura proprio come in Brasile. 


Queste righe, per come la vedo io, mi hanno sempre commosso per il loro candore e per la loro intatta ingenuità. Non riesco e non sono mai riuscito a vedere i libri come uno strumento forte per essere libero. I libri, semmai, mi hanno fatto il favore, senza indicarmi una comoda via di fuga, di dirmi che non sono libero, che sono come molti di voi uno dei raggi di una grande ruota. Leggendo so o penso di sapere come si muove il mondo, ma rimango vittima, nonostante tutto. Nessuna libertà, nessuna redenzione. 

In un film spagnolo che mi piace tanto, I lunedì al sole, c’è una scena in cui un gruppo di amici disoccupati riesce a vedere, grazie ad uno di loro, una partita di calcio allo stadio senza pagare il biglietto. Il posto però non è dei più comodi: è troppo in altro rispetto alla curva e alle tribune, e la visuale di una metà del campo è interrotta dal tetto. Tutti quanti riescono a vedere l’inizio un’azione ma mai la fine, mai il tiro che potrebbe portare la palla in rete. Ecco, per me quella scena vale tutto il film. Io mi sento come loro, in alto, scomodo, consapevole che mai vedrò il tiro o il pallonetto finale dell’attaccante. Solo la costruzione o una parte di una costruzione dell’azione. I libri non mi hanno reso libero, ma hanno contributo, tantissimo, a rendermi cosciente di questa scomodità davanti alla partita. E poi, ancora oggi, la letteratura fa un’altra cosa forse più importante: mi permette di immaginare cosa sta capitando di là, dove io non posso vedere.