giovedì 27 febbraio 2014

Far vincere la cultura

del Disagiato




"Il primo marzo compriamo un libro” è il titolo della nuova iniziativa organizzata dalla Fondazione Caffeina per incentivare le persone a investire in cultura, il vero motore di questo Paese. Il flash mob, nato quasi per caso sul web, che in poco tempo ha superato i 70.000 partecipanti, sta ancora crescendo in modo esponenziale. Tantissime le librerie di tutto il territorio nazionale - grandi catene e librerie indipendenti - che stanno aderendo al flash mob, promuovendo l'evento, proponendo sconti o organizzando altre iniziative. Come funziona: il primo marzo basta andare, con il segno di riconoscimento del flash mob, ovvero un nastro bianco sui vestiti, in qualsiasi libreria della propria città e comprare un libro, o più di uno. E ancora prima cliccare su “parteciperò” all’evento virtuale e condividere per far partecipare più gente possibile e quindi sensibilizzare sul tema cultura. 

Come avete letto qui sopra o come potete leggere sul sito della Fondazione, tra poco si promuoveranno e si sconteranno libri per – lo dico con un termine abusato ma in questo caso efficace – valorizzare la cultura. Ne approfitto per chiedermi cosa dovremmo mettere dentro la parola “cultura” visto che ogni partito politico (e i cittadini che votano i partiti) hanno idee diverse e molto personali sull’argomento. Per Bersani, ad esempio, una figura di riferimento culturale è Gramsci, per Renzi, invece, Jovanotti. Ci tengo anche a far presente che in questi ultimi tre o quattro anni le case editrici, e quindi le librerie, hanno centuplicato gli eventi e gli sconti sui libri, prima su una collana, poi su un’altra e via dicendo. Per noi librai era addirittura molto faticoso capire come e dove esporre i cartelloni colorati che pubblicizzavano le iniziative promosse per attirare gente. A nulla, però, è servito tutto questo e a nulla, temo, servirà il flash mob del primo marzo: non sono più libraio perché la libreria ha chiuso; tante altre librerie hanno chiuso o presto chiuderanno. Poi, secondo me, non sono i libri che portano cultura, ma è la cultura (che cos’è, da dove parte?) che dovrebbe portare ai libri.